In Lucem Veniet

Scoperto il pavimento della Cattedrale. Notte d’incanto sotto le volte del Duomo senese.

Accade alle 22.00, ultimo turno d’entrata. La chiesa biancheggia contro il cielo notturno. Siena, come un imbuto, attira gran parte dei nottambuli sempre nel solito posto: Piazza del Campo – e attorno si dirama il vuoto. Per un romantico è un’occasione imperdibile: il Duomo a tarda ora, tutto splendente come un gioiello liturgico.
Siamo in ottobre, venerdì 26. La città si raffredda in fretta, la giornata si accorcia. La piazza di Santa Maria della Scala: tutta bianca e fredda, pare che il marmo le evapori di dosso, raggelando tutto. Già sul sagrato, ancor prima di entrare, le prime tarsie: Il Fariseo e il Pubblicano sostano dinnanzi al tempio, uno per lato. Ai non devoti non è dato di entrare. Sui lati, quasi a farli soffrire, le anfore del latte e del miele. Un delicato commisso, forme prodotte nel marmo e incastrate tra loro. La minuzia di un trapano ha inciso i contorni del disegno, cavità più grosse dove il tratto è maggiore; minute nei punti secondari. Ed è questa la Toscana, dove si ama il disegno o lo si adora. Non esiste alternativa. E il pavimento del Duomo ne è un esempio caratteristico.
In Lucem Veniet è un fortunato progetto del Museo di Santa Maria della Scala, inaugurato il 27 giugno e riproposto tra il 22 e il 28 ottobre. Le tarsie della Cattedrale, solitamente occluse alla vista, sono scoperte e illustrate dalle guide. Enorme e variegato, il complesso iconografico si espande per l’intera pianta, attraversando in poche decine di metri svariati decenni di cantiere, dal tardo Quattrocento alla grandiosità di Domenico Beccafumi. Cambiano gli stili, il cromatismo abbraccia tonalità più vaste, o si limita a pochi colori. Il nero dell’incarnato della Sibilla Libica è lavorato di bianco graffito, con un accorgimento d’uopo: nell’incisione, lo stucco bruno non lo si può applicare.
Sulle navate laterali, le sibille dispiegano i cartigli profetici – e appunto su uno di questi, quel declamato In Lucem Veniet che intitola l’evento. Luce, ma ancor più colore. Una volta che l’occhio si è abituato alla bicromia bianconera del colonnato – un retaggio dei pisani, nelle spire del Medio Oriente -, lo bombarda il tripudio di ori e blu, i primi disposti tra suolo, pareti e soffitto, come monili di gala; gli azzurri e i cobalti relegati quasi esclusivamente al cielo. Cielo che si percepisce con una potenza estrema, a partire dal semplice gesto del rovesciare la testa all’indietro, una volta giunti alla congiunzione tra i transetti e il corpo centrale. L’interno della cupola si apre sul lucernario, abbracciando le Storie di Elia, immortalate sul pavimento. Poco oltre, passata la maestosità del coro ligneo, la Strage degli Innocenti, per mano di Matteo di Giovanni, esplode nell’ala di sinistra, con un dinamismo che soltanto l’amore dei toscani per il disegno riesce a rendere così spontaneo. Il tema, poi, si dice che si porti dentro tutto il dramma del massacro di Otranto, coi suoi bambini deportati in terra saracena e le urla degli assassinati.
L’articolato complesso d’immagini si dispone per l’intero corpo della chiesa, voci accordate su differenti stili, ma partecipi della medesima armonia. Il sincretismo dell’arte tocca il vertice nella tarsia di partenza, con Ermete Trismegisto che unisce Occidente e Oriente sotto le insegne della Sapientia. Uguale vitalità, benché materica, si riscontra nel campanilismo della seconda scena, unico apporto a mosaico al programma iconografico, con la Lupa senese attorniata dal serraglio simbolico delle città: lepre per Pisa, lince per Lucca, un unicorno a Viterbo, Firenze elevata nel leone. Contraddizioni della nostra Toscana, che esalta le diversità e le getta al contempo l’una contro l’altra, come ricordano i pali di legno assicurati ai pilastri centrali – trofeo, parrebbe, della battaglia di Montaperti. E anche questo intreccio diffuso tra storia e mito orna e costituisce il complesso del Duomo. Perché una chiesa, una qualunque chiesa sorge come forma organica, in un susseguirsi d’innesti storici, artistici e sociali. Ciò che rimane ai posteri è questa magica stratificazione. E un amoroso caos che è completezza e nucleo stesso, prima del tempio, poi dell’intera città.
Perché verrà nella luce, certo. Pure è nell’ombra che sorge la vita.

Sharon Tofanelli

L’evento ha avuto luogo:
Cattedrale metropolitana di Santa Maria Assunta
piazza del Duomo, 8 – Siena

https://operaduomo.siena.it

In Lucem Veniet
da lunedì 22 a domenica 28 ottobre, a partire dalle ore 18.30
(ultimo accesso alle ore 22.00, per un massimo di 18 persone per volta)