A Bologna una mostra a cura di Luca Beatrice racconta la carica di energia creativa che negli anni Ottanta attraversa la Grande Mela, ultima capitale culturale mondiale prima della globalizzazione. Si sviluppa una ricca varietà di movimenti, generi e artisti accomunati dalla figura di Andy Warhol.
Nel gennaio 1981 l’ex attore Ronald Reagan diviene il XL presidente USA e, grazie a un programma basato su una minore tassazione, riesce a stimolare la crescita economica statunitense. Contemporaneamente le fruttuose contrattazioni di Wall Street – come ben descritto nell’omonimo film di Oliver Stone del 1987 – contribuiscono all’accumulo di ingenti capitali privati, in parte investiti in collezioni per ostentare con immediatezza il percorso di ascesa sociale compiuto, favorendo un ritorno del mecenatismo.
Il critico d’arte Luca Beatrice, descrive il clima cultural-creativo che si respira in quel periodo felice ed edonista nella Grande Mela, l’ultima capitale del mondo pre-globalizzazione, nella mostra Warhol&Friends. New York negli anni ’80 in corso a Palazzo Albergati di Bologna. Protagonisti, oltre alla pittura, sono la moda, la musica, la fotografia, il cinema, i video, la comunicazione, la pubblicità, la letteratura e gli autori di tali opere, opere d’arte essi stessi. Le fotografie di Edo Bertoglio e della fidanzata Maripol – cui si deve il copiatissimo look di Madonna in Like a Virgin (1984) – sono utili a ricostruire il frizzante clima newyorchese dove ogni settimana c’è l’inaugurazione di una nuova galleria o un talento da scoprire. Attrazione indiscussa di ogni party che conta è Andy Warhol la cui stella brilla da ben più del profetizzato quarto d’ora, dalla lontana estate del 1949 quando da Pittsburgh si trasferisce a New York e diviene uno degli illustratori meglio pagati della città. “Negli anni ’80 la Factory, al 33 di Union Square, è meno cool dei primi tempi ma è pur sempre il regno in cui Warhol compie la definiva e ultima trasformazione da genio della Pop Art a guru laico per adepti rintracciati nelle nuove generazioni. Il suo linguaggio stentato, afasico, freddo, banalmente studiato, a tratti irritante, affascina ragazzi che sembrano usciti più da Fame, il film di Alan Parker (in Italia Saranno famosi, 1980), che non da un’accademia o una scuola d’arte” racconta Luca Beatrice nel testo di apertura del catalogo dell’esposizione (pag 15).
Alla luce di siffatte considerazioni, Beatrice apre il percorso di visita con un doveroso focus sulla figura di Andy Warhol. A una bella selezione di fotografie – sia ritratti eseguiti in studio sia scatti mondani in cui compare con amici e artisti della Factory – sono accostate opere iconiche rappresentative del suo peculiare approccio all’arte. Agli albori degli anni Sessanta negli USA regna un clima di diffuso benessere e alla popolazione è offerta una crescente gamma di cibi, merci e spettacoli di intrattenimento. I feticci della società dei consumi rimpiazzano santi e madonne quali soggetti dei quadri di Warhol: Marylin Monroe, la diva più famosa di Hollywood morta pochi mesi prima; Jackie Kennedy, la vedova d’America; il simbolo del dollaro o le lattine delle zuppe Campbell il cui logo – come quello del sapone Brillo – riprende i colori della bandiera USA. Warhol non ritrae dal vero e non inventa ma prende una delle tante immagini offerte dai media – per Marylin utilizza il fotogramma iconico tratto da Niagara (1953) -, la fa emergere dalla massa e la rende immortale ripetendola all’infinito, ossessivamente, variando solamente il colore delle campiture che stende uniformemente, senza sfumatura alcuna. Più avanti, nel corso della visita ci si imbatte in una sala dedicata ai ritratti commissionati a Warhol dal gotha sociale e culturale dell’epoca: Liza Minnelli, Gianni Agnelli, Man Ray, Joseph Beuys o l’italiano Sandro Chia con cui realizza lavori a più mani.
Chia e Francesco Clemente sono gli esponenti di spicco – oltre che i messaggeri in terra americana – della Transavanguardia, fenomeno italiano che coinvolge, oltre all’arte, la moda e il design. In Germania imperversano invece i Neuen Wilden (Nuovi Selvaggi) intenti a rivisitare in chiave grottesca l’Espressionismo anni Venti; in mostra sono esposti dipinti di Julian Schnabel, David Salle e Robert Longo, pittori prestati con alterne fortune al cinema.
Sono molti gli argomenti e i personaggi affrontati da Luca Beatrice nell’ambito della mostra, in sezioni che si susseguono per complementarietà a dimostrazione di come il vento di creatività che pervade New York negli anni Ottanta tocchi tutte le discipline e le faccia interagire tra di loro. Il primo approfondimento è dedicato ai talenti della Graffiti Art o Street Art che dir si voglia, giovani che lavorano fuori dal sistema ufficiale delle gallerie, riuniti nel 1980 dal collettivo indipendente CoLab-Collaborative Projects, Inc. nella mostra The Times Square Show. Tra i tanti nomi di pittori – ma anche video artist e performer – emergono quelli di Kenny Scharf, Donald Baechler, Keith Haring e Jean Michel Basquiat la cui prima esposizione monografica si tiene proprio in Italia.
Beatrice punta quindi i riflettori sulla nuova generazione di donne che, archiviato l’attivismo dei decenni precedenti, si focalizzano sulla comunicazione e la rivendicazione di pari opportunità. Le cantanti Madonna, Grace Jones o Cindy Lauper lavorano tanto sulla musica quanto sull’immagine e compongono testi con slogan tratti dal linguaggio quotidiano; tra le visual artist Nan Goldin racconta storie in cui l’amore si combina con la violenza; Barbara Kruger esamina i luoghi comuni visivi mentre Cindy Sherman consegna ad autoscatti le sue mille identità mutevoli.
Spazio anche al delicato rapporto di amore, amicizia e creatività tra Robert Mapplethorpe e Patti Smith, nato nel 1967 quando si incontrano per caso a Brooklyn, quando sono Just Kids, solo ragazzi, come ricorda il titolo del memoir letterario della Smith. Un ricordo che spalanca la porta della camera disordinata dell’albergo dove i due ragazzi vivono e creano insieme; celebra poi la carriera di poetessa e musicista di Patti e indugia sull’occhio fotografico di Robert, autore di scatti dalla rara perfezione formale.
Non manca infine una sezione incentrata su Jeff Koons che interpreta il ruolo di artista esattamente come in precedenza fece con quello di broker: indossando un abito da business man, rivolgendosi a clienti ricchi e studiando con attenzione le tendenze del mercato. Seguendo il principio che è il contesto dove si posiziona l’opera a determinarne il valore, egli si cimenta in sculture dal gusto decisamente kitsch come Poodle (1991), la barboncina in legno policromo esposta al centro della sala o la serie di litografie Art Magazine Ads (1989) in cui Koons è protagonista di composizioni ispirate alle pubblicità in voga all’epoca, massima sublimazione della banalità del quotidiano. Gli fanno da controcanto, dalla parte opposta della sala, le opere concettuali di Lucio Pozzi.
La mostra si chiude con alcuni dei soggetti datati 1981 afferenti alla serie dei Miti di Andy Warhol: Topolino, Superman, Howdy Doody star di un programma televisivo per bambini e il Conte Dracula. Dall’unione di Dracula e Cinderella (Cenerentola) nasce Drella, uno dei soprannomi di Warhol, come ricorda Songs for Drella (1990), il concept album realizzato da Lou Reed e John Cale in memoria dell’amico e mentore, produttore del loro primo album con i Velvet Underground.
Di sala in sala gli anni Ottanta scorrono velocemente così come in fretta sembrano bruciare le vite di quei giovani talenti. Muoiono nel 1987 Andy Warhol, per i postumi di un’operazione chirurgica, e l’anno successivo Jean Michel Basquiat per overdose di eroina; li seguono nel 1989 Robert Mapplethorpe e Keith Haring falciati dall’AIDS, la grande piaga di fine millennio dipinta dai perbenisti quale punizione per lo stile di vita dissoluto imperante tra gli artisti. È la fine di un’era: nel 1989 termina il secondo mandato presidenziale di Ronald Reagan, il 19 ottobre 1987 è consegnato alla storia come “il lunedì nero di Wall Street” mentre New York diviene uno de tanti puntini della World Wide Web.
Silvana Costa
La mostra continua:
Palazzo Albergati
via Saragozza, 28 – Bologna
fino a domenica 30 giugno 2019
orari: Tutti i giorni dalle 10.00 alle 20.00
la biglietteria chiude un’ora prima
www.palazzoalbergati.com
Warhol&Friends
New York negli anni ‘80
a curata di Luca Beatrice
progetto di allestimento e direzione lavori Cesare Mari/PANSTUDIO architetti associati
con Carlotta Mari
grafica di mostra e grafica immagine coordinata Pepe Nymi
lighting designer Francesco Murano
prodotta e organizzata da Arthemisia
con il patrocinio di Regione Emilia Romagna, Comune di BolognaCatalogo:
Warhol&Friends
New York negli anni ‘80
a cura di Luca Beatrice
testi di sezione Giulia Beatrice, Jessica Cazzola
design Angela Scatigna
Arthemisia Books, 2018
www.arthemisia.it