Il Teatro Parenti di Milano in questi giorni propone al pubblico l’entusiasmante versione de Il misantropo frutto dell’esperienza, della cultura e della creatività di Andrée Ruth Shammah e Luca Micheletti. Una straordinaria sinergia da cui il testo di Molière trae grande incisività unita alla capacità di un cast di prim’ordine di esaltarne i toni comici.
Il calendario della Stagione 2022/23 del Teatro Franco Parenti è stato elaborato inanellando spettacoli che celebrino le importanti ricorrenze che cadono nel biennio: il cinquantesimo anniversario della fondazione del teatro, inaugurato il 16 gennaio 1973 con uno spettacolo di Giovanni Testori, autore di cui il 12 maggio 2023 ricorre il centenario della nascita. Il 16 gennaio 2022 si sono invece ricordati i quattro secoli dalla nascita di Molière, uno degli artisti prediletti da Franco Parenti per il talento e, ancor più, per l’arguzia con cui mette alla berlina i difetti della propria epoca.
Andrée Ruth Shammah riconosce in questa eccezionale congiunzione di eventi il momento propizio per concretizzare un progetto accarezzato da tempo: collaborare con Luca Micheletti per una nuova messa in scena de Il misantropo. Negli anni passati il Teatro Parenti ha prodotto suggestivi spettacoli di cui Micheletti è regista e interprete – Le variazioni Goldberg (2016) di George Tabori; Rosmersholm (2018) e Peer Gynt (2019) entrambi da Henrik Ibsen – ma il suo talento mai si era unito a quello di Shammah. La versione de Il misantropo nata da questo loro connubio creativo è prodotta da Teatro Franco Parenti e Fondazione Teatro della Toscana; il debutto avviene al Teatro della Pergola di Firenze e dall’8 novembre al 3 dicembre la tournée fa finalmente tappa a Milano registrando a ogni replica grande afflusso di pubblico.
È un piacere vedere premiata la scelta coraggiosa compiuta da Andrée Ruth Shammah e Luca Micheletti di non tradire in nessun modo l’originale di Molière in un’epoca in cui, nel tentativo di attrarre maggior pubblico, si rimaneggiano i classici riscrivendoli e attualizzandoli sino, a volte, a travisarne gli intenti dell’autore. Il rigore linguistico de Il misantropo è invece mantenuto nella traduzione in versi settenari incrociati di Valerio Magrelli una cosa che, se a dirsi può sembrare stucchevole, all’ascolto la concatenazione di rime conferisce ritmo, giocosità e musicalità alla commedia.
I costumi disegnati da Giovanna Buzzi sono deliziosi e permettono sin dal loro apparire di dividere i nobiluomini in due categorie: da un lato Oronte (Corrado d’Elia), Lacasta (Vito Vicino) e Clitandro (Filippo Lai), con i completi dai tessuti lucidi e curati, le camicie ingentilite da merletti, i panciotti imbottiti a ricordare il petto gonfio del tacchino, le scarpe con fiocco e le parrucche acconciate con grazia, mentre dall’altro c’è Alceste (Luca Micheletti) con la giacca in velluto nero, gli stivali da cavallerizzo e i capelli ribelli. Da un lato chi frequenta la corte e, come un pavone, mette in mostra doti e capacità – che non sempre possiede – per attrarre attenzioni e favori sino a giungere alla metà più ambita: la camera da letto del re per la cerimonia del risveglio. Dall’altro chi alla cura dell’aspetto preferisce perseguire – con una certa rigidità – la coerenza ideologica e morale. In mezzo, a mediare i due estremi, si erge Philinte (Angelo Di Genio) nel disperato tentativo di ammorbidire la durezza di Alceste per porlo al riparo da ripicche di nobiluomini offesi ma, soprattutto, da sé stesso. Andrée Ruth Shammah spiega infatti “d’immaginare Alceste non come il maturo pensatore che si arrovella infastidito sui destini dell’umanità, ma come il giovane troppo focoso, che piace alle donne, che ha buon gusto e cervello – così come Molière lo racconta e vorrebbe raccontarsi – ma che è preda delle sue passioni, e i cui buoni propositi finiscono grottescamente per lastricare l’inferno dei rapporti interpersonali”.
Le tre dame in scena sono per l’appunto tutte parimenti innamorate di Alceste e se ne contendono i favori giocando ciascuna le carte che trova più in linea con la propria personalità: Célimène (Marina Occhionero), sicura di averne conquistato il cuore, maliziosamente ne stuzzica la gelosia civettando con Clitandro e Lacasta, sua sorella Eliana (Maria Luisa Zaltron) osserva silenziosa in disparte l’evolversi dei fatti mentre Orsina (Emilia Scarpati Fanetti) prova a farlo proprio con le sottili armi della menzogna e della calunnia. Simili nel modello i loro abiti si differenziano per il colore, vestendo ciascuna nobildonna con quello che per antonomasia viene associato alla sua indole. La ricchezza dei costumi inonda di colore e movimento lo spazio scenico concepito da Margherita Palli ispirandosi all’architettura di sala Testori del Parenti dove si sono svolte le prime prove dello spettacolo, un’ambiente che grazie al rigore razionalista e alle tinte neutre risulta monumentale e, al contempo, atemporale. Atemporale come gli insegnamenti che il genere umano potrebbe trarre dalle opere di Molière invece di ripetere ostinatamente i medesimi errori: è proprio per questo che forse non c’è momento migliore dell’attuale per riproporlo al pubblico. Oggi sembra essersi infatti riconsolidata l’usanza dei governanti di distribuire, senza alcuna esitazione morale, tra parenti, amici e lacchè il compito di gestire i beni pubblici invece di conferire l’incarico a quanti possiederebbero maggiori competenze in materia.
Lo spazio della rappresentazione è quindi delimitato verso la platea da una fila di candele, quasi a marcare il confine di un’area sacra dentro cui si compiono riti e sortilegi ma, in fondo, ogni sera a teatro si compie una magia. Célimène posa in mezzo alle candele la statua di due colombi a buon auspicio per l’evolversi della storia d’amore con Alceste mentre Basco (Andrea Soffiantini) le accende lentamente, facendo ritornare alla mente il gesto analogo che compie in un’altra commedia, in un classico del Teatro Parenti: Gli innamorati di Carlo Goldoni.
Ogni dettaglio de Il misantropo è curato con estrema attenzione al fine di rendere lo spettacolo incisivo nel trasmettere il messaggio dell’autore e memorabile. Un’attenzione che nasce dall’esperienza delle maestranze coinvolte nei vari aspetti dell’allestimento, primi tra tutti gli attori che, come anni di frequentazione del Teatro Parenti ci hanno insegnato, Andrée Ruth Shammah sceglie con cura tanto che, come ripete spesso, “porta in scena i testi solo quando sa di avere gli attori giusti per interpretarne i personaggi”. Il misantropo, è vero, nasce da e per Luca Micheletti, intenzionato a confrontarsi con un simile personaggio, ma la fama che ormai lo precede, conquistata sui palcoscenici di tutto il mondo con la sua voce da baritono, non basterebbe a garantire il successo di una commedia corale come questa. Con questo non si vuole assolutamente sminuirne la prova di recitazione eccelsa, in cui spazia dall’arroganza allo smarrimento, dimostrando di padroneggiare con impareggiabile maestria i tempi comici, combinando le parole con una forte componente mimica. Si desidera invece sottolineare come tutti gli attori al suo fianco rivelino indubitabile talento: è per esempio spumeggiante Marina Occhionero nel tenergli degnamente testa nel corso dei tanti battibecchi che punteggiano Il misantropo e parimenti impeccabile è Angelo Di Genio nel vano tentativo di ridimensionarne l’ostilità verso il genere umano.
Il misantropo come ogni commedia che si rispetti conta anche su un discreto numero di servitori protagonisti di momenti di assoluta ilarità, ora sbeffeggiando il padrone, ora facendolo infuriare con i propri pasticci, e Andrea Soffiantini e Pietro De Pascalis sono eccellenti in queste due situazioni. Straordinariamente comico risulta pure Oronte nella caratterizzazione proposta da Corrado D’Elia che, già al suo primo ingresso in scena, tra pose pompose, parole compite e vezzosi svolazzamenti dei pizzi dell’abito e della lunga chioma, si rivela, prima ancora di aprir bocca, quale nemesi di Alceste.
Sono questi solo alcuni esempi di come ogni singolo dettaglio sia studiato con estrema cura. Una cura che permette ad Andrée Ruth Shammah e Luca Micheletti di dimostrare quanto oggi abbia ancora senso portare in scena i classici nella loro concezione originale poiché è la qualità dello spettacolo a far sì che il pubblico li apprezzi e, con l’uso della ragione, ne colga il messaggio profondo per utilizzarlo a meglio comprendere la propria contemporaneità.
Silvana Costa
Lo spettacolo continua:
Teatro Franco Parenti – Sala Grande
via Pier Lombardo, 14 – Milano
fino a domenica 3 dicembre 2023
www.teatrofrancoparenti.itIl misantropo
di Molière
progetto e collaborazione alla traduzione di Andrée Ruth Shammah, Luca Micheletti
regia Andrée Ruth Shammah
traduzione Valerio Magrelli
con Luca Micheletti e con (in ordine alfabetico) Matteo Delespaul, Pietro De Pascalis, Angelo Di Genio, Filippo Lai, Francesco Maisetti, Marina Occhionero, Emilia Scarpati Fanetti, Andrea Soffiantini, Vito Vicino, Maria Luisa Zaltron
e la partecipazione di Corrado D’Elia
scene Margherita Palli
costumi Giovanna Buzzi
luci Fabrizio Ballini
musiche Michele Tadini
cura del movimento Isa Traversi
scene costruite presso il laboratorio del Teatro Franco Parenti
costumi realizzati da LowCostume
in collaborazione con la sartoria del Teatro Franco Parenti diretta da Simona Dondoni
produzione Teatro Franco Parenti, Fondazione Teatro della Toscana
durata: 2ore e 45 minuti compreso intervallo