La mostra permette di ammirare oltre quaranta fotografie di Stefano Robino, spaziando dagli esordi su LIFE nel 1951 sino agli ultimi lavori pubblicati nel 2012 su L’Europeo. Le stampe d’epoca sono accompagnate da materiali d’archivio che raccontano dell’epoca in cui si inizia a guardare alla fotografia come mezzo privilegiato di comunicazione.
A Milano esiste una lunga tradizione di fotografi che si sono dedicati a documentare le fabbriche della grande periferia industriale e la vita delle classi operaie. Celebri sono servizi quali Storia dell’operaio di Toni Nicolini, realizzato a Sesto San Giovanni nel 1966, o i Ritratti di fabbriche (1978-80), progetto con cui Gabriele Basilico debutta nel panorama fotografico, le grandi manifestazioni di piazza fissate su pellicola da Uliano Lucas ma anche gli sguardi stanchi dei lavoratori a fine turno catturati da Carla Cerati o gli immigrati ritratti da Gianni Berengo Gardin al loro arrivo alla stazione centrale. Negli anni del dopoguerra e del boom economico Torino – con il complesso degli stabilimenti FIAT e delle aziende che lavorano nell’indotto – costituisce con Milano il cuore del più importante polo industriale dell’Italia settentrionale, in grado di attrarre, dalle campagne circostanti così come dalle regioni meridionali, migliaia persone desiderose di un futuro migliore. Stefano Robino, cui il Centro Culturale di Milano dedica una piccola ma significativa mostra, è forse il più importante reporter dell’epopea industriale torinese, pubblicando i suoi racconti di vita in fabbrica sulle principali testate italiane ed internazionali.
Sino all’8 febbraio, nelle sale del CMC, sono esposte quarantacinque stampe in bianco e nero – molte sono stampe d’epoca – delle fotografie scattate da Robino dall’inizio degli anni Cinquanta ai giorni nostri. La scelta di immagini, compiuta da Enrica Viganò e Camillo Fornasieri, indugia in particolare sulle vedute degli impianti di FIAT Grandi Motori dove vengono realizzate ed assemblate la parti meccaniche di quelle navi che, come la Cristoforo Colombo, solcano gli oceani. Robino, in qualità di responsabile fotografico e pubblicitario del grande gruppo industriale, ha il privilegio di muoversi con estrema libertà tra gli stabilimenti, catturando istantanee dal forte potere evocativo, rese ancor più suggestive dal sapiente dosaggio dei chiaroscuri. L’artista, formatosi come pittore nella Torino degli anni Quaranta, con la macchina fotografica e un sapiente lavoro in camera oscura sembra trasformarsi in scultore. Egli stesso ammette: «fotografo con lo stesso spirito col quale si scolpisce un marmo. Cerco di scavare le mie luci ed ombre e ricavare, con cose vive, quelle forme che tanto mi appassionano». I motori che, ad uno sguardo veloce, possono anche essere confusi con la corte di una casa di ringhiera, sono elementi dalle dimensioni colossali su cui armeggiano operai che danno vita a scene che paiono costruite ad arte, ispirandosi a Charlot in Tempi moderni (1936). Parimente emblematiche nell’evocare un mondo ed un’epoca sono le fotografie realizzate nel reparto rotative de La Stampa, un altro simbolo del capoluogo piemontese. Eterea risulta invece la veduta di Torino realizzata in volo perché riesce efficacemente a sintetizzare, in un solo colpo d’occhio, l’essenza di una città: l’imponenza della natura con le Alpi che si stagliano sullo sfondo, la memoria storico artistica con le cupole delle chiese che spiccano nello skyline del centro urbano e, in periferia, il fumo che, uscito dalle ciminiere, si disperde in cielo confondendosi con le nuvole.
Stefano Robino. Il fare, il limite, la bellezza. Alle origini di un’Italia industriale offre un’indagine a tutto tondo sugli anni del grande sviluppo produttivo italiano. Con piglio da sociologo, Robino esce dal recinto FIAT e si spinge a fotografare i grandi caseggiati residenziali, si unisce ai lavoratori nei momenti di svago alla bocciofila o si apposta alle fermate dell’autobus per documentare il viavai di signore impettite, operai con la sigaretta in bocca e bambini che vanno a scuola. L’alone magico, che idealizza gli anni in cui gli italiani erano pieni di speranze per il futuro, sfuma i contorni dei ricordi e sembra insinuarsi nelle inquadrature sotto forma di nebbia che, nei mesi più freddi, avvolge persone ed edifici o trasformandosi nel fumo di sigaretta che satura i bar o, ancora, nel vapore delle locomotive che, veloci, portano in città un nuovo carico di sognatori. Ai contorni sfumati dei desideri si oppongono i volumi nettamente scolpiti dalla chiara luce del sole degli edifici produttivi o delle ciminiere che si innalzano verso il cielo. Tra le nuove verticalità che movimentano la linea piatta e monotona dei campi, l’occhio implacabile del reporter non trascura di inserire anche le montagne di materiali di scarto prodotti dalle fabbriche e l’imponenza dei cantieri aperti per dotare l’Italia di una rete infrastrutturale adeguata alle sue prospettive di sviluppo.
A completare la mostra, il Centro Culturale di Milano propone al pubblico un bel catalogo e un programma di proposte educative e didattiche con visite guidate a tema.
Silvana Costa
La mostra continua:
CMC – Centro Culturale di Milano
via Zebedia 2 – Milano
fino a domenica 8 febbraio 2015
orario: da lunedì a venerdì, 10-13 / 15-19 – sabato e domenica, 16-20
ingresso gratuito, gradita offerta libera
www.centroculturaledimilano.it
Stefano Robino
Il fare, il limite, la bellezza. Alle origini di un’Italia industriale
a cura di Enrica Viganò, Camillo Fornasieri
sviluppata da CMC
in collaborazione con Admira
con il patrocinio di Regione Lombardia, Comune di Milano
Catalogo:
Stefano Robino
I Quaderni del CMC
volume n° 8
testi di Franco Loi e Enrica Viganò
Admira Edizioni, 2014
prezzo 20,00 Euro in mostra 10,00 Euro