Debutta a Vercelli il secondo capitolo della tetralogia deamicisiana firmata da Cristina Salviato, giovane regista già con le idee chiare.
“Less is more” era il principio seguito dall’architetto di origini tedesche Mies van der Rohe nella progettazione dei suoi eleganti quanto preziosi edifici, pezzi fondamentali del movimento moderno. Dello stesso motto pare essersi appropriata Cristina Salviato, regista dello spettacolo La voce delle cose, che pone mille difficoltà all’interpretazione di Giuseppe Sabatino, sottraendogli di volta in volta possibilità espressive diverse – dalla mimica facciale alla gestualità – obbligandolo così a valorizzare le restanti e a dimostrare il proprio talento.
La scenografia essenziale richiede, infatti, di compensare il minimalismo dell’apparato con il sapiente dosaggio dell’illuminazione: il palco è squarciato da lame di luce che attraversano il buio e che si riflettono nello specchio – unitamente al viso del protagonista – per poi spegnersi all’improvviso, obbligando Sabatino al solo uso della voce per concentrare l’attenzione del pubblico sul racconto.
Escamotage, questi, affascinanti per chi assiste ma autentiche torture per l’interprete che deve dimostrare tutte le proprie abilità tecniche e attorali. Confidiamo che nelle tappe future dello spettacolo alcune scelte – tra le quali, i tempi di buio a volte troppo lunghi e la maschera integrale per una parte della performance – vengano alleggerite.
La trama è semplice: sin dall’inizio l’autore rivela che a narrare la propria rocambolesca esistenza è un libro – per scoprire quale sia vi invitiamo ad andare a teatro – che, a partire dal momento in cui è stato posto in vendita a inizio XIX secolo, elenca i vari passaggi di mano, i periodi di oblio e quelli di ritrovata attenzione che ne hanno scandito giorni e notti. A differenza dell’oggi – un tempo in cui possiamo contare su edizioni ultraeconomiche, quasi usa-e-getta, sebbene un vero amante della lettura non farebbe mai un gesto simile anche senza arrivare ai livelli di delirio del protagonista del racconto Bibliomania, scritto da un Gustave Flaubert appena quattordicenne – all’epoca i libri erano oggetti preziosi. Ecco, quindi, che lo spettacolo ci offre un palco sul quale osservare la vita della borghesia piemontese ottocentesca. Ricordando le notti passate con i soldati al fronte, la messa all’indice per i contenuti scandalosi, o di quando è ritornato in voga in occasione della morte del suo autore ed è stato prestato dalla padrona del momento alle amiche ansiose di colmare le proprie lacune, il libro ci offre un excursus delle vicende storiche che hanno coinvolto questa fetta d’Italia da cui si tessevano i progetti di unificazione nazionale.
Tante le piccole curiosità di costume che punteggiano il testo, permettendoci di confrontare l’esistenza di un tomo del XIX secolo con quella di un romanzo contemporaneo per scoprire quanto poco differiscano: gli infiliamo come segnalibro la prima cosa che ci capita sottomano, se ci piace lo cediamo all’amico o all’amante e se ci ha annoiato finisce sulla bancarella di un ambulante piuttosto che in cantina – dove lo riesumerà il rigattiere che la svuoterà per pochi soldi.
Il monologo rappresenta il secondo adattamento di un testo di Edmondo De Amicis realizzato dalla Micio’s Production e inserito nell’ambito più ampio di una tetralogia per far conoscere le opere minori – eppure più affascinati e meno manichee – dell’autore di origini piemontesi.
A Vercelli abbiamo assistito al debutto nazionale dello spettacolo – che speriamo abbia possibilità di tournée – accolto dal plauso generale, nonostante in molti fossero venuti ad assistervi prevenuti a causa dell’autore – che la maggioranza continua ad associare al libro Cuore – ignorando la sua restante produzione e scoprendo così una chicca inattesa.
Tornando a casa, in molti si saranno chiesti cosa pensino i nostri libri di noi….
Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Barbieri
Via Parini 1° – VercelliLa Voce delle Cose
di Edmondo De Amicis
regia di Cristina Salviato
con Giuseppe Sabatino
idea e scenografia di Cristina Salviato
direzione luci e suono di Stefano Tarchetti
musiche originali di Dario Buonvino
fotografa di scena Anna Salviato
produzione Micio’s Production