«Perché tanta teatralità tutt’intorno a noi e i teatri rimangono vuoti? È la scena a soffrire, è la scena a essere destinata a sparire?» «Che senso ha il critico: è un lavoro socialmente utile? Come può migliorare il teatro?»
Queste le domande poste da “agitatori-spontanei-con-cui-non-ci-si-era-accordati-in-precedenza” (Teatro Sotterrneo e Sacchi di Sabbia), sabato scorso, in apertura del convegno Il Teatro della Critica organizzato a Pistoia dall’Associazione Teatrale Pistoiese e da Il Funaro Centro Culturale.
Il dibattito non si scalda e non si scatena la diatriba. Tuttavia gli interventi della prima giornata lasciano in sospeso altre domande e offrono qualche mezza risposta. La fatidica questione riguardante lo svuotamento dei teatri sembra troppo grande, e necessita di un’altrettanto grande pausa di riflessione.
Partiamo perciò dalla domanda più semplice, minore rispetto alla prima (anche se a essa inevitabilmente collegata): il lavoro del critico.
Nel Convegno emerge l’immagine di un’orda di riviste online e di critici più o meno esperti e titolati che, dalla rete, recensiscono gli spettacoli. E la quasi totale inutilità delle recensioni, se non per creare materiale per le cartelle stampa (utilizzate dagli addetti ai lavori e non utili per instaurare un effettivo dialogo con il pubblico). I problemi principali riguarderebbero, primo, la valutazione delle competenze dei critici online; secondo, la loro retribuzione; ma soprattutto, terzo, il fatto che la critica non avrebbe più senso, in generale.
Se il primo punto compete alle singole redazioni o al buonsenso e alle competenze del lettore (soluzione relativa, ma al momento necessaria, considerata la fisionomia di Internet). Il secondo, da un lato, è una grande limitazione ma anche (volendo guardare il bicchiere mezzo pieno, e fermo restando che la non retribuzione rimane un problema) una possibilità, se si considera che i critici in carica, gli attuali Re-censori (ossia i critici assunti nella carta stampata), non possono o non vogliono godere di totale libertà di giudizio. Per quanto riguarda il terzo punto, come suggeriva il professor Giglioli, il momento di difficoltà può essere occasione di una serie di riflessioni. La critica può testimoniare e dare esempio di un uso efficace della parola, può produrre pensieri complessi che mettano in moto la soggettività.
Prima di proseguire riteniamo importante aprire una breve parentesi e dirimere l’equivoco che si genera dall’identità di suono fra critica letteraria e artistica e critica in ambito filosofico. Fra la critica e il pensiero critico c’è una sostanziale differenza e i due campi (letterario-artistico e filosofico) si incontrano solo se la critica condivide con l’attività critica l’ideale del pensiero. Questo è il teatro abitato dalla critica, come ricordato da Giacché (che cosa però trasformi l’opinione in pensiero è però un’altra questione, che non si accontenta di poche righe per essere trattata).
Un altro spunto interessante è stato suggerito da Sandro Lombardi, che ci ha raggiunto in serata prima di scappare per la replica de L’Apparenza Inganna. Attraverso i suoi ricordi, è stato tracciato il ritratto di due noti critici del passato, Giuseppe Bartolucci e Franco Quadri. Della sua testimonianza ci ha colpito il suo ricordo dei Convegni organizzati dai succitati, come momenti di festa e occasioni speciali. Al contrario, a Pistoia si nota che il clima che si respira è ben diverso: nei foyer c’è spesso un’aria tesa, sembriamo i soggetti di un complotto, quando invece potremmo confrontarci e collaborare.
Il nostro pensiero, allora – per riassumere il problema posto in precedenza – potrebbe rivolgersi all’idea che abbiamo noi di teatro. Al rispetto, alla consapevolezza di un ruolo da svolgere non tanto per la società o gli addetti ai lavori, quanto a favore del Teatro – con la T maiuscola – ricordandosi di essere, prima di tutto, artigiani.
Per fare festa occorre sapersi divertire, sapere che la serietà è altro rispetto alla seriosità, così come la ricerca artistica è lontana dal compiacimento o dall’autoreferenzialità. Nutrirsi di autocritica, o meglio, di autoironia per trasformare tutto in una sacrosanta – tornando alle origini del teatro – festa condivisa.
Se dobbiamo avanzare una critica riguarda anche la netta distinzione fra in due momenti, ossia la giornata dedicata ad accademici e critici (da noi seguita) e quella nella quale hanno preso la parola attori e registi (che non abbiamo potuto seguire). I nostri punti di vista sono sempre parziali, per questo è fondamentale ricomporli nel dialogo e nell’ascolto di posizioni anche lontane fra di loro. L’intervento di Lombardi è stato prezioso, come quello del professor Giglioli. Qualche artista in più in mezzo a tanti teorici, il primo giorno, non sarebbe stato sgradito.
Mailè Orsi
L’evento ha avuto luogo:
Centro Culturale Il Funaro
via del Funaro, 16 – Pistoia
sabato 14 novembre, dalle ore 11.00 alle 19.00
www.ilfunaro.orgConvegno Il Teatro della Critica
coordinatore: Piergiorgio Giacché
relatori: Goffredo Fofi (critico), Massimiliano Barbini (responsabile Centro di Documentazione e Biblioteca de Il Funaro), Daniele Giglioli (ricercatore dell’Università degli Studi di Bergamo), Nicola Lagioia (scrittore), Nicola Villa (redattore della rivista Gli Asini), Lorenzo Donati (critico di Altre Velocità), Rodolfo Sacchettini (presidente ATP), Sandro Lombardi (attore)
organizzazione: Il Funaro Centro Culturale e Associazione Teatrale Pistoiese