Alla Galleria Passaggi, la piccola esposizione Riflessi da un luogo invisibile, dedicata a un maestro dell’azione artistica intesa a lasciare dietro di sé solo delicate impronte sulla sabbia.
Ci sono artisti che, attraverso le loro opere, affermano se stessi e i concetti dei quali sono portatori. Altri che, nell’azione stessa, tendono a sottrarsi, emozionando e suggerendo piuttosto che proclamando. Andrea Santarlasci pare dotato di una levità originale che rende ogni sua opera, dall’installazione site-specific alla fotografia fino alla scultura, uno strumento attraverso il quale l’osservatore può sprofondarsi nella meditazione dentro di sé, o lascarsi incantare dall’altro da sé.
Alla Galleria Passaggi, in questi giorni, è possibile fare un breve viaggio nell’universo di Santarlasci, scoprendo alcuni dei suoi stilemi e delle sue magnifiche ossessioni d’artista. Non a caso, quindi, la ricerca di quel luogo (ormai definitivamente scomparso a livello fisico, e rimasto come argomento di studio per l’idrografia), dove l’Auser (l’antico Serchio) confluiva nell’Arno, è l’occasione per l’artista di confrontarsi con il doppio e con l’ambiente naturale – temi questi ricorrenti nelle sue opere.
Sotto di noi, immobile, scende il tempo dell’acqua (2015) appare come una summa nella quale converge, innanzi tutto, il gioco artistico del riflesso, che non tende a dialogare con il visitatore (come in Pistoletto), quanto a mettere in comunicazione cielo e terra, sopra e sotto, con uno spostamento dall’asse orizzontale o diagonale verso una verticalità pura, che delimita lo spazio o apre all’orizzonte (come nell’installazione Un po’ di finito infinito, del 2007, nel Chiostro di Villa Vogel a Firenze). Accanto a questa suggestione, il recupero del materiale povero (in questo caso, le assi di legno), che non è un passaggio verso la sublimazione o lo spostamento di senso dello stesso (come in Jannis Kounellis), bensì un riutilizzo ecologico che sposa la suggestione all’ambiente, la concettualità a un dialogo onesto con l’elemento naturale in sé. E ancora, l’acqua – insieme contenitore e contenuto, riflesso e riflettente (che in un prossimo step andrà a riempire l’installazione) – che non solo rimanda a quel luogo dove i due fiumi, oltre 1500 anni fa, si incontravano, ma a tutti quegli spazi (porti e mari, corsi fluviali e piste carovaniere) capaci di mettere in contatto il sé con l’altro da sé, sia a livello di scambio tra elementi che di incontro tra culture.
In mostra anche Mutazione (2015), in cui Santarlasci scolpisce un’idea di canoa all’interno di una ramo (o di una radice) d’albero, seccato al sole. Qui l’intervento dell’artista conduce a nuove significazioni, pur nel rispetto del materiale che, con altre dimensioni, avrebbe potuto fungere alla costruzione di una canoa. Ma è proprio la dimensione ridotta, l’aspetto in progress, il posizionamento dell’opera a un’altezza in cui il visitatore si deve sforzare per vederne l’interno, che esalta lo spostamento di senso. Barca di Caronte o gioco per bambini? Elemento simbolico o rimando all’infanzia? Così come il fiume trasporta e congiunge, anche Mutazione ha la capacità, per chi voglia soffermarsi a riflettere, di ricreare immaginari collettivi, di rubare sprazzi di un’infanzia perduta.
E per finire, qualche riga per la stampa fotografica Riflessi da un luogo invisibile (2012). Come nelle due stampe che compongono Lo specchio delle continuità (2002), ecco tornare protagonista la fotografia che sembra intesa a eternare l’attimo fuggente, a restituire un riflesso della bellezza ai confini tra terra e cielo, tra notte e giorno, lì sul limitare del raggio verde.
“Negli stessi fiumi entriamo e non entriamo siamo e non siamo”, recita un’opera di Santarlasci in mostra (Eterocronia: ipotesi di un ricordo, 2015), riprendendo il filosofo del divenire, Eraclito. Negli anni, Santarlasci ha assunto su di sé la medesima fluidità nel suo percorso cangiante, nella sua immersione in una realtà che, nel qui e ora, è consapevole di non essere più ciò che era né di poter ricomprendere ciò che sarà. Il fluire come divenire. Con il passo leggero di chi, su questa Terra, lascia solo delicate impronte sulla sabbia.
Simona M. Frigerio
La mostra continua:
Galleria Passaggi
via Garofani, 14 – Pisa
fino a sabato 23 gennaio
orari: da mar a sab dalle 16.00 alle 20.00 e su appuntamento
ingresso libero
www.passaggiartecontemporanea.it
Riflessi da un luogo invisibile
opere di Andrea Santarlasci
a cura di Arabella Natalini
www.andreasantarlasci.com