Il Museo d’arte della Svizzera italiana celebra uno dei più noti ed apprezzati esponenti dell’Avanguardia russa.
Il neonato LAC di Lugano ospita, sino a domenica 8 maggio, la mostra monografica Aleksandr Rodčenko. Olga Sviblova, direttrice della Moscow House of Photography e curatrice nel 2009 del Padiglione Russo alla Biennale di Venezia, ha selezionato oltre trecento pezzi tra fotografie, stampe, collage, fotomontaggi e costruzioni spaziali per offrire al pubblico un esauriente spaccato del percorso creativo – ed esistenziale – di un artista oggi più attuale che mai. L’opera di Rodčenko combina espressioni visive, riflessive e teoriche: egli infatti è autore dei manifesti dei movimenti cui aderisce e crede di poter contribuire con il proprio lavoro ad un futuro migliore. In un continuo fluire di esperienze e creatività, egli è convinto, analogamente a tutti i colleghi dell’Avanguardia sovietica, che l’arte e la cultura abbiano la forza per cambiare la vita stessa. Come la mostra mette in luce, nell’arco della sua carriera Rodčenko sperimenta le tecniche più diverse e intesse collaborazioni con celebri artisti dell’epoca, tra cui Dziga Vertov, il regista de L’uomo con la macchina da presa (1929).
Dopo gli esordi come grafico, Rodčenko approda alla fotografia nel 1924 e vi si cimenta da autodidatta, forte dell’esperienza maturata in campo pittorico. Egli rivoluziona il concetto stesso di fotografia: ammirando le stampe in bianco e nero esposte nelle sale del LAC, notiamo come non abbia temi prediletti e quanto sia invece interessato a rappresentare il reale attraverso un punto di vista nuovo. L’adozione di scorci inusuali quali la diagonale o la visione dal basso all’alto sono diventati distintivi della sua opera e testimoniano la volontà di guardare al mondo – e alla vita – in modo non convenzionale. Non si cura di cosa venga rappresentato ma di come inquadrarlo attraverso l’obiettivo: la città di Mosca ma anche angoli di strada apparentemente insignificanti o l’anonimo edificio in cui abita. Non a caso tra le sue fotografie più celebri si annovera la scala antincendio ovvero nient’altro che una scala antincendio, uno degli elementi più dimessi di una costruzione ma, al contempo, un’indispensabile via di fuga. Rodčenko inorridisce i contemporanei con la sequenza di giovani pionieri – i boyscout dell’epoca sovietica – ritratti dal mento in su, una scelta stilistica oggi molto in uso per dare particolare monumentalità al soggetto della fotografia ma allora decisamente anticonvenzionale.
Agli inizi degli anni Venti, quando Rodčenko intraprende la sua carriera, esiste una coincidenza tra sperimentazione artistica e teorie socio/politiche. I fotomontaggi sono i lavori più significativi dell’opera di Rodčenko in quegli anni: egli si crede molto nella forza di suggestione della fotografia e questa tecnica gli consente di rendere i messaggi ancor più incisivi. Lenin stesso crede nel potere educativo delle immagini, nella fotografia come arma per cambiare la mentalità di una popolazione per gran parte analfabeta, uscita impoverita dalla Prima Guerra Mondiale, dalla rivoluzione e dalla guerra civile.
Il rapporto idilliaco tra potere sovietico e Avanguardia ha tuttavia vita beve: nel giro di pochi anni si afferma il Realismo socialista e molti degli artisti sino ad allora in voga vengono arrestati e mandati nei gulag. Lo stesso Rodčenko viene fatto oggetto di pesanti critiche di formalismo e allora, per redimersi o conformarsi ad un’estetica più allineata, si impegna a scattare una serie di fotografie dell’impresa simbolo del debutto dell’era staliniana: la realizzazione del canale che collega Mar Baltico e Mar Bianco. Parte di quel reportage è presente in mostra e documenta come quella fosse in realtà un’impresa realizzata con mezzi di fortuna, approfittando del gran numero di prigionieri politici da impiegare come manodopera. Rodčenko, forse rendendosi conto che potrebbe essere egli stesso tra quei forzati, utilizza inquadrature estremamente scorciate che enfatizzino l’imponenza delle opere idrauliche realizzate.
Nella Russia dell’era sovietica non ci sono espressioni artistiche alternative: l’unico committente possibile è il potere così, nel 1937, Rodčenko cerca una sorta di via di fuga da una realtà sempre più opprimente e scopre il meraviglioso mondo del teatro e del circo. Scatta immagini utilizzando una tecnica dai tratti pittorici che gli consente di ottenere immagini dai contorni sfumati: i tutu sono eterei come nuvole e gli aloni che circondano i personaggi conferiscono un carattere magico dell’esperienza. Il pubblico può cogliere immediatamente la grande differenza tra quelle immagini incantate e i ritratti degli atleti, vanto della nazione, eseguiti in maniera più convenzionale, con i corpi definiti dal netto gioco di chiaroscuri che ne evidenzino la muscolatura.
La mostra si apre con una foto del 1923, una natura morta che ritrae la Leica e un taccuino: gli strumenti con cui Rodčenko lavora ma anche con cui porta avanti il suo progetto per una società migliore. Passo dopo passo, stampa dopo stampa, il pubblico ripercorre le tappe della carriera di un artista che, partito con grandi speranze, in seguito al progressivo frantumarsi dei suoi sogni per mano del regime sovietico, si isola dal mondo. Tuttavia, dalla visita emerge chiaramente come la vita di questo Maestro, sebbene segnata da delusioni e compromessi, sia ancora oggi un valido esempio di cosa significhi essere “un artista che cerca di agire sulla realtà”.
Silvana Costa
La mostra continua a:
LAC Lugano Arte e Cultura
piazza Bernardino Luini 6 – Lugano
fino a domenica 8 maggio 2016
orari: martedì, mercoledì e domenica 10.30 – 18.00;
giovedì, venerdì e sabato 10.30 – 20.00;
chiuso lunedì
www.masilugano.ch
Aleksandr Rodčenko
a cura di Olga Sviblova
esposizione in collaborazione con Moscow House of Photography
grafica Studio CCRZCatalogo:
Aleksandr Rodčenko
a cura di Varvara Rodcenko, Olga Sviblova
Skira, 2011
23 x 29 cm; 224 pagine; 300 illustrazioni a colori
prezzo: 49,00 Euro
www.skira.net