Appuntamento fuori programma per Fuori Luogo Teatro. Arriva a La Spezia, il Teatro del Lemming con Cantami Orfeo. Un’ascesa impervia che fa quasi supplicare il pubblico: “Non mollare Orfeo, continua a camminare. Sguardo avanti: non puoi cedere proprio ora“.
La strada è pericolosa, la salita è oscura. L’amore mostra un volto duro – con gli occhi puntati sul domani, e una fede salda anche quando le cose vanno male e si teme il peggio, giustamente. Eppure, a un tratto, il timore è troppo forte. Orfeo guarda indietro ed Euridice muore per la seconda volta. “Perché lo hai fatto, Orfeo?“, verrebbe da urlargli. Era così complicato guardare avanti e non voltarsi lungo il cammino? Era l’unica cosa che ti avevano chiesto dall’Ade ed Euridice sarebbe tornata in vita.
Cosa accadrà alla povera sposa? Pensare che non rimproveri Orfeo è mito antico, quanto Ovidio. Ma forse non conta e non è questo il problema. Perché il desiderio, il ricordo, la memoria, l’amore, non riguardano gli altri ma solo noi stessi. È il nostro desiderio che conta davvero, il nostro ricordo.
“Lasciate tutto, voi ch’entrate“, chiede – quasi parafrasando Dante – il Teatro del Lemming in questa avventura, pensata per lo spettatore. Abbandonate scarpe, telefoni e borse. Prendetevi per mano. E poi sdraiatevi e iniziate a sognare. Voci, sogni, ricordi. Torna il sentore, indefinito alla mente ma possente, del passato; di tutto ciò che è morto, con dolore e tristezza infinita. Dov’è finito tutto? E l’amore? Dov’è andato, che ne è stato? Sembra restare il nulla. Il dolore. O la commozione.
Amplificate dai microfoni, le voci dei due attori declamano, s’incalzano, nella foga del racconto iniziale. Come nell’inseguirsi di due innamorati, le parole si rincorrono. Finché si fa avanti il mito struggente: la morte di Euridice, la visita di Orfeo agli Inferi per recuperare il proprio bene.
La posizione del pubblico è forzata, inusuale, in questa struttura al contrario. A terra lo spettatore, adagiato su un morbido materasso; in alto l’attrice, che giace su una pedana ed è visibile solo grazie a una superficie riflettente che ne restituisce l’immagine distorta e sfocata. Lassù Euridice canta, morta. Sogno, apparizione, fantasma del regno infero. Ha linee confuse come una visione nelle tenebre, lontana nella memoria. A tratti, il suo volto appare, vagamente giocoso (o forse diabolico?), come quello degli angioletti che si affacciano in certi affreschi.
Dalla postazione di regia, Munari recita e suona. Le musiche eseguite dal vivo e il tipo di sonorità (fondamentalmente quella del pianoforte) creano una sorta di spettacolo da camera, intimo, come intimo è il viaggio di chi partecipa in veste di pubblico. Un’opera raccolta. Favorita forse anche dall’esiguo numero di spettatori ammessi a prendere parte a questa esperienza.
In brevi tocchi di poesia ecco che il mito si apre, si disvela a noi nelle sue molteplici risonanze. Semplice e profondo. Ciò che si vede e si ascolta è un sogno proprio, o la materializzazione di un viaggio in qualche luogo misterioso della propria coscienza.
Un’unica richiesta: non voltarsi all’uscita. Qualcosa non è accessibile, qualcosa rimane inaccessibile.
Mailè Orsi
Lo spettacolo è andato in scena:
Centro Giovanile Dialma Ruggiero
via Monteverdi, 117 – La Spezia (SP)
domenica 22 maggio, ore 21.00 e 22.00
https://progettofuoriluogo.wordpress.com/Cantami Orfeo
con Chiara Elisa Rossini, Massimo Munaro
assistenza tecnica Alessio Papa
elementi scenici costruiti da Luigi Troncon
musiche e regia Massimo Munaro
una produzione Teatro del Lemming
www.teatrodellemming.it