A porte chiuse

a porte chiuse 21Torna il capolavoro di Sartre nella versione di Andrea Adriatico, in prima assoluta per Vie Festival.

Un dibattito serrato alla ricerca della situazione perduta e mai più recuperabile, la sorpresa di un improbabile angelo nero che insiste sull’importanza di prendere coscienza della situazione – inaspettata, assurda ma reale – da parte del nuovo arrivato. Uno scontro ravvicinato che evita gli sguardi diretti tra chi accetta il proprio ruolo di dannato (ma rifiuta ancora la colpa, allontanandola dal proprio ricordo) e chi per necessità, o caso, deve ricoprire all’infinito il proprio.
Poi i reclusi aumentano, in questo girone dell’inferno quotidiano, dipinto dall’esistenzialista ateo Sartre, privo di porte e di ogni via di fuga; in questa specie di anticamera da studio medico con un letto che rimanda, forse involontariamente, a quello dell’analista. Uno alla volta arrivano anche altri ospiti che, lentamente, sostituiscono l’angelo caduto nel suo ruolo di carnefice involontario.
Uno scontro tra peccatori, o che – a misura – si riconoscono come tali; con le figure femminili in parte vittime di amori degenerati, perduti, abortiti. Mentre la figura maschile non può che essere quella del femminicida.
Nel dialogo a tre si snocciolano le scelte possibili, spesso non fatte; le rinunce e le umiliazioni, mal sopportate; e lo scorrere ineluttabile del tempo della vita, intessuto di fatti ai quali i dannati possono solo assistere (come in Dante) senza più prendervi parte.
Le scelte sbagliate (aggettivo usato per semplicità) possono essere del singolo o di intere popolazioni accomunate in un tragico destino. Si è all’inferno per non aver reagito ai soprusi di un coniuge, o al lento asservimento a un regime totalitario o a un sistema economico. Laddove la ribellione alla situazione contingente è additata come l’unico modo che avrebbe evitato la condanna.
Il limite tra il bene e il male, così sottile e indeterminato, sembra meglio evidenziato nella situazione egiziana (impersonata dall’italiana che, per amore, si converte all’Islam e segue il marito violento nel suo Paese). Là dove una cosiddetta rivoluzione ha portato all’instaurazione di un potere religioso, che ha preteso l’asservimento del mondo femminile, soppiantato da un nuovo colpo di Stato, che fa del controllo su tutti gli individui il proprio caposaldo. Mentre il nostro Paese, ingranaggio del potere capitalistico, osserva il disastro che avviene alle sue porte intervenendo con ritardo o solo per servilismo nei confronti di chi detiene il vero potere.
Gli accenni alla contemporaneità sono demandati soprattutto ai video, degli sfarzosi funerali mafiosi di Roma – prima autorizzati e solo successivamente aspramente criticati – al caso Regeni.
Lo spettacolo sembra quindi suggerire, a livello di immagini, la presenza di un potere che solo marginalmente appare ma che incide fortemente sulle vite degli individui. Ma, nel contempo, sembra contraddirsi a livello testuale, con i personaggi che si assumono le proprie colpe, artefici ognuno del proprio destino, nudi di fronte alla condanna dell’altro da sé.
Un inferno, questo della versione di Adriatico, del quale i personaggi sono causa prima e unica; contrapposto a quello universale, nel quale siamo tutti vittime.
La recitazione si fa via via sempre più concitata, perdendo in precisione e distacco.
L’immagine di Regeni, statica e posticcia, contrasta con le evoluzioni dell’elicottero che getta rose sul funerale mafioso, o sul ballo appassionato di chi continua a vivere e a provare emozioni. Mentre la serie di porte sbarrate, nel finale, viste dal di fuori, rimanda a un inferno che ci escluderebbe – in un cortocircuito di senso che non convince. Così come quell’insistere sul fatto che la colpa della dannazione è solo individuale, in un mondo – come il nostro – che sembra uscirne a mani pulite, a dispetto del sistema economico e sociale imperante, delle politiche e della propaganda dei massmedia, della distribuzione della ricchezza e delle esclusioni dai diritti.

Luciano Uggè

a porte chiuse 2

Lo spettacolo continua 
nell’ambito di Vie Festival:
Teatri di Vita
 

via Emilia Ponente, 485 – Bologna
sab 15, ore 19.00; dom 16 ott, ore 17.00;
lun 17/mar 18 ottobre, ore 21.00
www.viefestivalmodena.com/vie2016/

A porte chiuse
Dentro l’anima che cuoce
uno spettacolo di Andrea Adriatico

ispirato a Jean-Paul Sartre
drammaturgia Andrea Adriatico e Stefano Casi
con Gianluca Enria, Teresa Ludovico, Francesca Mazza
e con Leonardo Bianconi
con l’amichevole partecipazione di Angela Malfitano e Leonardo Ventura
cura Daniela Cotti, Alberto Sarti, Saverio Peschechera e Giulia Generali, Laura Grazioli
scene e costumi Andrea Barberini
tecnica Salvatore Pulpito
con il supporto tecnico I fiori di Marisa, Lady Rose
una produzione Teatri di Vita, Akròama T.L.S.
con la collaborazione Teatri di Bari
con il sostegno Comune di Bologna – Settore Cultura, Regione Emilia-Romagna – Servizio Cultura, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo

prima assoluta
www.teatridivita.it/16-17/portfolio/a-porte-chiuse/