La ricca produzione di stampe dell’artista bavarese viene riletta alla luce degli intensi rapporti intessuti durante i viaggi in Italia, alla scoperta delle opere antiche e degli autori suoi contemporanei.
Lo storico dell’arte Johannes Ramharter e Peter Assmann, direttore del Complesso Museale di Palazzo Ducale, sono i curatori di Come sentirò freddo dopo il sole, la mostra dedicata ad Albrecht Dürer allestita sino a inizio gennaio al Castello di San Giorgio di Mantova. L’esposizione si concentra unicamente sulle stampe dell’autore bavarese, tralasciando la sua produzione pittorica, sottolineando come il Dürer famoso a cavallo del XVI secolo – così come ai giorni nostri – sia l’autore delle stampe contese dai collezionisti di tutta Europa. Come sentirò freddo dopo il sole – il titolo scelto per la mostra – è il verso di una vecchia canzone bavarese che ben descrive i sentimenti di Dürer al suo ritorno in patria, dopo aver assaporato non tanto il caldo clima italiano quanto la celebrità. In occasione dei soggiorni in Italia, compiuti nel 1494 e nel 1505-07, le incisioni racchiuse nelle bisacce da viaggio rappresentano per Dürer il prezioso sostitutivo del denaro contante: egli non ha difficoltà a trovare generosi acquirenti che gli consentono di vivere agiatamente per tutto il tempo della sua permanenza nel Belpaese.
Ammirando le opere esposte, appare lampante quanto grande sia il debito creativo di Dürer nei confronti dell’Italia e dei suoi Maestri, ad iniziare da Andrea Mantegna, artista che elegge Mantova a sua patria adottiva: in questo senso possiamo definire decisamente azzeccata la scelta del soggetto della mostra che si inserisce nel bouquet di eventi organizzati in occasione di Mantova Capitale Italiana della Cultura 2016. Mantegna, pittore la cui fama travalica i confini del Marchesato dei Gonzaga, è noto tra i suoi contemporanei anche come antiquario, collezionista e studioso di arte classica oltre che per essere uno dei primi autori a realizzare serie di stampe, ispirate alla mitologia greco-romana, che riscuotono gran successo commerciale. Sebbene non sia possibile documentare la presenza di Dürer in città, egli ha sicuramente modo di studiare quelle stampe come si nota, per esempio, dalla somiglianza della donna rapita da un tritone ritratta in Lotta delle divinità marine (anni settanta del XV secolo) di Mantegna e quella presente ne Il mostro marino (1498 circa) dell’artista di Norimberga.
Mantegna dipinge tra il 1485 e il 1505 anche la serie in nove tele de I Trionfi di Cesare (presenti in mostra nella riproduzione di Robert van Audenaerd), una celebrazione allegorica delle Virtù del casato Gonzaga che attinge alla tradizione antica di festeggiare, alla guisa di divinità, i condottieri vittoriosi. Dürer sente parlare di questo ciclo – finito parzialmente già ai tempi del suo primo viaggio in Italia – e realizza Il grande carro trionfale dell’imperatore Massimiliano I (1522) in cui sono rappresentate le Virtù incedere a passo di danza al fianco dei cavalli che trainano la carrozza imperiale. Incuriositi dalle spirali tracciate nel cielo, sopra le teste dei cavalli, riusciamo a decifrarne il significato ricollegandole ai nastri che le divinità protagoniste delle Quattro Muse danzanti (1497 circa) di Andrea Mantegna – appeso lì di fianco – sventolano leggiadre. È ispirata all’incisione mantegnesca di Madonna con il Bambino (1490 circa) anche la Madonna su un cuscino d’erba che allatta il Bambino (1503), definita da Vasari “la più bella opera di Dürer”.
Le stampe, nelle sale del Castello di San Giorgio, si confrontano non solamente con quelle dei Maestri di Dürer ma anche con quelle dei suoi rivali in arte e in affari. In mostra è infatti presente una copia della monumentale Veduta di Venezia a volo d’uccello (1500) di Jacopo de’ Barbari, capace di attirare l’ammirazione di quanti la vedono. Dürer, volendo dimostrare di non essere da meno, risponde con Nemesis (La grande Fortuna) (1501-1502): al passaggio della dea alata, le nubi sotto di lei si scostano per rivelare una piccola ma dettagliatissima veduta della cittadina di Chiusi, vicino a Bolzano.
Albrecht Dürer, sebbene affascinato dall’armonia dei corpi nella scultura classica – sono quelli gli anni del rinvenimento dell’Apollo di Belvedere (1489) – si cimenta con la stesura di un Trattato sulle proporzioni (1528) pubblicato postumo, ispirato alle raffigurazioni delle colonne racchiuse nel trattato di Vitruvio, in cui riporta le diverse tipologie di corpi delle persone reali. Egli studia anche le proporzioni delle parti che compongono il corpo dei cavalli, in questo caso però senza aver modo di osservare gli animali dal vero ma basandosi sulle opere di artisti del calibro Leonardo da Vinci di cui a Mantova, evento nell’evento, in occasione della mostra, è arrivato un preziosissimo modello in bronzo, probabile studio per un monumento di un Guerriero a cavallo (1452-1519). Sono diversi i fogli stampati con soggetti equestri, ritratti da diverse angolazioni, a dimostrazione di come anche Dürer sia rimasto affascinato dalla presenza scenica di questo animale. Il Maestro da Vinci è fonte di studio e ispirazione anche per una Ultima Cena (1523), come dimostrano le affinità nella caratterizzazione degli apostoli e nella loro disposizione dello spazio suddivisi per piccoli gruppi di conversazione.
Leggendo le accurate didascalie scopriamo in Albrecht Dürer le doti di un moderno imprenditore: egli gioca con la tiratura delle sue opere per stuzzicare i collezionisti, studia il mercato per capire quali siano i soggetti più ricercati e si premura di siglare ogni soggetto con le sue iniziali, creando così un logo tanto riconoscibile quanto imitato. Sono molte infatti le battaglie che Dürer conduce presso le autorità per proibire la contraffazione delle proprie stampe e la riproposizione esatta dei suoi soggetti. In mostra sono presenti diversi lavori di suoi emulii – di livelli qualitativi a volte decisamente discutibili – spesso riconoscibili perché, copiando dall’originale alla matrice in legno, l’immagine stampata risulta speculare all’originale. Tali problematiche rendono Dürer un artista più contemporaneo che mai o, più semplicemente, dimostrano come ogni generazione di artisti si ritrovi a confrontarsi con l’impossibilità di tutelare sino in fondo il diritto d’autore presso le autorità preposte.
Silvana Costa
La mostra continua:
Complesso Museale Palazzo Ducale
Castello di San Giorgio, piano terra
ingresso piazza Castello – Mantova
fino a domenica 8 gennaio 2017
orari: da martedì a domenica 8.15 – 19.15
la biglietteria chiude alle ore 18.20
chiuso il lunedì, 25 dicembre e 1 gennaio
www.mantovaducale.beniculturali.itAlbrecht Dürer.
Come sentirò freddo dopo il sole
a cura di Johannes Ramharter, Peter Assmann
promossa da MiBACT, Direzione Generale Musei Complesso Museale Palazzo Ducale, Electa
nell’ambito di Mantova Capitale della cultura 2016
con il patrocinio di Comune di Mantova
in collaborazione con Akademie der bildenden Künste, Kupferstichkabinett, Vienna
progetto di allestimento e illuminotecnico Studio Alberti
immagine della mostra e copertina del catalogo Tassinari/VettaCatalogo:
Albrecht Dürer.
Come sentirò freddo dopo il sole
a cura di Johannes Ramharter, Peter Assmann
testi di Rodolfo Signorini, Thomas Gergen, Angelo Loda, René Schober
Electa, 2016
208 pagine; 92 illustrazioni
prezzo 29,00 Euro
www.electaweb.it