Una preziosa mostra ripercorre la prima tappa del viaggio di Bellotto alla conquista dell’Europa con le sue vedute. Durante il soggiorno toscano il giovanissimo pittore si stacca progressivamente da Canaletto per elaborare una personale e riconoscibile cifra stilistica.
Alla Fondazione Ragghianti di Lucca, sino al 6 gennaio, è possibile visitare un’interessante mostra su Bernardo Bellotto, pittore settecentesco celebre per aver diffuso il vedutismo alla maniera veneziana di Guardi e Canaletto in Italia e in Europa. Bernardo Bellotto 1740. Viaggio in Toscana a cura di Bożena Anna Kowalczyk è focalizzata sulla prima tappa del lungo viaggio dell’artista lagunare: la prima occasione per un giovane di indiscusso valore di lavorare in assoluta autonomia ed esplorare una propria strada espressiva.
Bellotto si forma alla bottega dello zio Antonio Canal negli anni Trenta, quando il pittore noto con lo pseudonimo di Canaletto è all’apice del successo. Qui egli ne apprende i modelli e le tecniche, divenendo così abile da ingannare i contemporanei ed essere autorizzato dallo zio a firmarsi “Io Bernardo B. detto il Canaletto”. Il suo viaggio inizia quando il marchese fiorentino Andrea Gerini, ispirato dalle opere mostrategli dall’amico antiquario veneziano Anton Maria Zanetti, commissiona a Giuseppe Zocchi, suo pittore di fiducia, alcune vedute di Firenze. Insoddisfatto del risultato ancora legato alla tradizione, il marchese incarica l’amico di procurargli un artista lagunare che potesse far da maestro ai pittori fiorentini. La scelta cade su Bernardo che, appena diciottenne, con un corposo anticipo in tasca, parte alla volta di Firenze.
La mostra per la Fondazione Ragghianti è il frutto di un’accurata indagine capitanata dalla Prof.ssa Kowalczyk, uno dei massimi esperti mondiali su Canaletto e Bellotto, per approfondire gli studi sulla presenza e sull’influenza in Toscana di Bellotto. I documenti d’archivio rinvenuti permettono di anticipare al 1740 l’arrivo a Firenze, due anni prima di quanto si credesse, sottolineando ancor più la precocità del talento del pittore.
Il blu di Prussia marca il percorso di mostra allestito con eleganza dall’architetto Daniela Ferretti, sfruttando i locali dell’ex convento delle clarisse per distribuire le diverse sezioni. Un percorso che permette al pubblico di constatare l’evoluzione tecnica ed espressiva di Bernardo, da assistente di Canaletto al Bellotto che tanta fama acquisisce in Europa.
Dopo una parte introduttiva dedicata alla rassegna bibliografica si accede alla sala dove, sotto lo sguardo compiaciuto di Anton Maria Zanetti di Girolamo e Andrea Gerini (1740/44) ritratti da Giuseppe Zocchi, sono allineate quattro delle vedute conosciute di Firenze. In L’Arno dal Ponte Vecchio fino a Santa Trinità e alla Carraia (1740) Bellotto, ancora ligio ai principi appresi, finisce per raffigurare l’Arno come fosse il Canal Grande per quanto si impegni a restituirlo con estremo rigore, come prescrivono gli ideali illuministi. Rispetto a quanto insegnatogli, potenzia l’accuratezza dei dettagli dai tetti – Canaletto viene invece criticato per dipingere i comignoli romani a guisa di quelli veneti – agli intonaci sbiaditi; marca le zone in ombra ed enfatizza i contrasti luminosi. Questo certosino lavoro di Bellotto si rivela prezioso nel fornire un riferimento per la ricostruzione del lungarno Accaiuoli dopo la distruzione per mano delle mine tedesche nel 1944. Le sue opere sono di ausilio analogo per il centro storico di Varsavia, danneggiato nello stesso periodo dai bombardamenti aerei.
Bellotto crea artificiosamente in studio la luce dei dipinti, così come le nuvole nervose che solcano il cielo. A differenza dei coevi vedutisti veneziani egli abbandona l’uso dell’illuminazione zenitale a favore di una in diagonale che, come per Cézanne, lo agevoli nel dare tridimensionalità all’architettura, colpendo gli spigoli dei palazzi e facendo esplodere il gioco delle ombre. Il fascio di luce obliqua che squarcia le nuvole ha i toni argentati del cielo quando c’è una tempesta in avvicinamento ed è una peculiarità del solo Bellotto, riproposta in tutta la sua produzione.
Passano tre anni e quello stesso tratto di fiume è di nuovo protagonista di L’Arno verso il Ponte Vecchio e L’Arno verso il ponte alla Carraia (ambedue 1743/44) ma questa volta è illuminato con maggior sapienza, riverberando la luce e gli edifici nell’acqua, conferendo all’insieme una calda atmosfera.
Analogamente, Piazza della Signoria (1740) è resa come un campo veneziano, con in primo piano un teatrino per le maschere. La prospettiva ha il fulcro sulla statua di David mentre la geometria della pianta della piazza è leggermente distorta rispetto all’originale per meglio mostrare gli elementi che la delimitano. Anche in questo caso il dipinto rappresenta un’utile testimonianza storica: si vedono gli abiti dell’epoca e della regione; la piazza è lastricata sui bordi mentre al centro è in terra battuta; compare ancora la chiesa di San Romolo abbattuta nel 1786 per far spazio all’espansione di palazzo Bombicci.
Ai dipinti sono accostate le bacheche con le ricevute dei pagamenti conferiti all’artista per il lavoro svolto, una traccia che consente di seguire gli spostamenti di Bellotto tra le città e i committenti che lo invitano. Non è tuttavia ancora noto il nome del nobiluomo che lo chiama a Lucca – sicuramente un membro della stretta cerchia di amici del marchese Gerini – ma la Prof.ssa Kowalczyk non dispera di scoprirlo durante le prossime indagini d’archivio.
La sala al piano superiore è interamente dedicata a Lucca e i materiali esposti ruotano tutti intorno alla tela di Piazza San Martino con la cattedrale (1740). Ci sono innanzitutto i 5 disegni preparatori, eseguiti dallo stesso Bellotto a penna e inchiostro bruno, immortalando la cattedrale grande vanto dei lucchesi da ogni possibile angolazione al fine di valorizzarne la collocazione nel contesto urbano e coglierne ogni elemento. Di nuovo, confrontando disegni e dipinto con la situazione attuale, o solamente con le due copie di artisti anonimi realizzate nel corso dell’Ottocento, si scorgono cambiamenti nell’abside e negli edifici affacciati sulla piazza. Completano l’elenco delle opere esposte nella sala una veduta della piazza nel 1570 di Giuseppe Civitali, mappe storiche e una fantasia in cui Bellotto fa un collage di elementi delle diverse città visitate.
Procedendo verso l’uscita è possibile ammirare una piccola camera oscura portatile del XVIII secolo giunta in prestito dal Museo Correr di Venezia e recante la scritta “A. Canal” a suggerire sia appartenuta a Canaletto. Nonostante ci siano ancora romantici che si incaponiscono a negarne l’uso, la camera oscura è ausilio imprescindibile del lavoro dei vedutisti ma tale oggetto non sminuisce il valore degli artisti anzi, lo innalza. Le immagini restituite dal dispositivo ottico sono distorte quindi sta all’abilità del pittore correggerle e convertirle nei capolavori giunti sino a noi. Bożena Anna Kowalczyk, dopo aver eseguito svariate prove sul campo, afferma con sicurezza che Bernardo Bellotto usa la camera oscura in modo differente rispetto a Canaletto: invece di un’unica inquadratura realizza tante riprese parziali – che gli consentono di catturare maggiori dettagli – che poi ricompone con paziente lavoro in studio.
Ultima tappa del percorso è la sezione dedicata al contemporaneo. Fondazione Ragghianti ha ospitato due giovani fotografi, il tedesco Jakob Ganslmeier e il modenese Jacopo Valentini selezionati grazie alla collaborazione con Photo Lux Festival (16 novembre – 8 dicembre 2019), e li ha invitati a riprendere con le loro macchine i luoghi immortalati da Bellotto. Ne esce un lavoro articolato e suggestivo a degno complemento di una mostra che scava alle origini del mito di Bernardo Bellotto e guida il pubblico a coglierne i passaggi evolutivi dello stile attraverso l’osservazione diretta delle opere.
Silvana Costa
La mostra continua:
Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti
Complesso monumentale di San Micheletto
via San Micheletto 3 – Lucca
fino a lunedì 6 gennaio 2020
orari: dal martedì alla domenica ore 10-19
ultimo ingresso18.30
lunedì chiuso
www.fondazioneragghianti.itBernardo Bellotto 1740
Viaggio in Toscana
a cura di Bożena Anna Kowalczyk
progetto di allestimento Daniela Ferretti
progetto grafico Marco Riccucci
mostra promossa e prodotta da Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti
con il sostegno di Fondazione Cassa di Risparmio di LuccaCatalogo
Bernardo Bellotto 1740
Viaggio in Toscana
a cura di Bożena Anna Kowalczyk
Edizioni Fondazione Ragghianti Studi sull’Arte, Silvana Editoriale, 2019
25×25 cm, 152 pagine, illustrazioni, cartonato
edizione italiana con traduzioni in inglese in appendice
prezzo: 28,00 euro
www.silvanaeditoriale.it