Il MA*GA riapre le porte e ci propone una mostra che racconta, attraverso una selezione di immagini e sculture, le emozioni e le sensazioni che suscita la visione di luoghi immaginari e reali nei lavori di alcuni artisti contemporanei. Dopo l’incidente che ha portato alla temporanea chiusura, il MA*GA riapre le porte e ci propone una mostra che nasce dalla collezione permanente del museo, arricchita e ripensata per festeggiare il rientro delle opere dopo il necessario esilio in Triennale a Milano e alla Villa Reale di Monza. (leggi la recensione)
La storia di questa istituzione ha inizio nel dopoguerra, nel 1949, anno in cui l’artista Silvio Zanella e alcuni cittadini gallaratesi fondano il Premio Nazionale Arti Visive Città di Gallarate, un concorso per giovani autori di calibro nazionale, con l’obbiettivo di creare un museo che raccolga tutte le opere vincitrici delle diverse edizioni. La collezione, col passare degli anni, si è ulteriormente arricchita grazie alle acquisizioni di nuove opere. Nel 1966 l’obbiettivo del Premio venne raggiunto con l’inaugurazione della Galleria Civica d’Arte Moderna – GAM, al cui interno sono esposti i dipinti e le sculture di alcuni tra i più importanti artisti italiani. La continua crescita del museo nel tempo e la nascita della Fondazione Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea Silvio Zanella – che ha come soci fondatori il Comune di Gallarate e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e come partner istituzionali Regione Lombardia e Provincia di Varese – ha portato alla creazione di nuovi ed adeguati spazi espositivi. Nel marzo del 2010 viene inaugurata la nuova sede con l’acronimo MA*GA, che identifica oggi il museo.
Questa è la storia del museo fino al 14 febbraio 2013, quando un grave incendio colpisce il MA*GA, causando la sua temporanea chiusura.
Questa mostra racconta, attraverso una selezione di immagini e sculture, le emozioni e le sensazioni che suscita la visione di luoghi immaginari e reali nei lavori di alcuni artisti contemporanei. Le opere sono divise in tre sezioni, disposte su due piani: al primo troviamo Visioni, grandi tele e sculture monumentali che presentano paesaggi visti come luoghi dell’immaginazione, della rappresentazione e del mito, e Racconti, immagini, fotografie e video che descrivono un’esperienza personale; al secondo piano troviamo Spazi, dove le opere sono proiezione di un pensiero legato alle relazioni che esistono tra noi e lo spazio fisico in cui viviamo.
Giungendo dunque al primo piano, l’opera che attrae immediatamente il nostro sguardo è Grande Pianta Dafne di Alik Cavaliere, rimasta per molto tempo semi nascosta negli ambienti colpiti dall’incendio. L’installazione colpisce per la sua teatralità, dove la figura di Dafne appare come un’ombra, un’entità che corre libera in mezzo ai rami, alludendo al legame tra l’uomo e la natura. Tale legame lo ritroviamo nella scultura Cane fra le canne n.2 di Luciano Minguzzi, in cui è messo in scena, con grande plasticità e forza, lo scontro tra l’essere ed il mondo circostante, e in Sedia di Giacomo Manzù, dove l’artista rende omaggio alla quotidianità della vita e alla natura. Di grande interesse è la tela di Emilio Scanavino dal titolo Immediatamente prima. Dalla superficie affiorano figure aggrovigliate e contorte che risvegliano nello spettatore una sensazione di tristezza poiché si ha l’impressione di guardare delle sagome che camminano nella nebbia, lasciando dietro di sé il vuoto ed il silenzio. A questa opera si contrappongono Immagine quasi beige – Moulin Rouge di Mattia Moreni, in cui le pennellate energiche e vorticose suggeriscono sensazioni di forza e movimento, ed il lavoro di Alberto Burri, Bianco Plastica 1, in cui la plastica bruciata crea un paesaggio quasi lunare, caratterizzato da variazioni cromatiche.
Avanzando lungo il percorso di visita, si giunge dove sono esposte le opere che analizzano il tema dei Racconti. I primi lavori che attirano l’attenzione dello spettatore sono le fotografie di Tancredi Mangano, Inabitanti #7-#8, dove viene affrontato un tema sociale molto attuale, ovvero quello dei già citati “inabitanti” che vivono in piccole costruzioni effimere nelle periferie urbane. Interessanti Patchwork City di Erica Borghi e Attacco bottone con tutti di Giovanni Morbin in quanto entrambe nascono a seguito di un lavoro con il pubblico: nel primo, l’artista ha coinvolto alcune persone nella lavorazione all’uncinetto della base della sua opera; nel secondo, l’autore ha creato un collage di foto in cui è ritratto mentre attacca letteralmente le asole e i bottoni della sua giacca ai passanti. Personalmente abbiamo trovato divertente e interessante The Mythical Image di Gino Gini: una composizione di cartoline, buste e immagini modificate dall’artista stesso in modo da creare un effetto dissacrante dei soggetti raffigurati. Alla fine della sezione troviamo l’installazione Vive di William Xerra che, con una serie di cartoline antiche, illustra i luoghi del passato prima che il tempo vi apportasse quelle modifiche che adesso li rendono completamente differenti. È importate sapere che una parte di quest’opera, come altre all’interno del percorso espositivo, si trova all’interno del silos adiacente alla parete in cui è posizionato. Per poterla vedere bisogna tirare la maniglia per estrarre il pannello.
L’ultima sezione si trova al secondo piano. Qui si affronta una riflessione sul rapporto che l’arte ha instaurato con lo spazio e la possibilità che l’uomo lo attraversi e lo viva. Lucio Fontana è un artista che ha analizzato questo rapporto: con i tagli che imprime alle sue tele, egli irrompe con forza e determinazione nello spazio. Altro però cattura il nostro interesse: le Macchine inutili di Bruno Munari e Spazio elastico di Gianni Colombo che affrontano il tema del movimento nello spazio. Le prime sono delle installazioni, sospese nel vuoto e mosse dal vento mentre la seconda è una creazione in cui l’elemento primario (un elastico fosforescente) viene sollecitato da una forza meccanica. Un lavoro di particolare interesse è Passerella di gelsomini sul fiume perduto di Giuliano Mauri. Quest’opera, che nel museo è rappresentata da un modello in scala e dai relativi disegni, nella realtà è stata creata a Gallarate sul fiume Arnetta e sintetizza come l’uomo possa vivere lo spazio tramite l’arte.
Il grande pregio di questa mostra risiede nell’occasione di poter riscoprire opere che a lungo sono state lontano da “casa”, andandole a trovare come un amico di ritorno da un lungo viaggio.
Maria Chiara Sicari
La mostra continua
MA*GA
Fondazione Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea Silvio Zanella
via De Magri, 1 – Gallarate VA
fino a domenica 4 maggio
orari mar-mer-gio-ver 9.30-12.30 14.30-18.00
sabato-domenica 11.00-18.30
chiuso il lunedì
ingresso gratuito
www.museomaga.itBelvedere. Paesaggi e visioni nella collezione del MA*GAOpere in mostra
Spazi: Augusto Garau, Gianni Monnet, Atanasio Soldati, Mauro Reggiani, Nino Di salvatore, Angelo Bozzola, Ideo Pantalenoni, Lucio Fontana, Agostino Bonalumi, Enrico Castellani, Dadamaino, Pino Pinelli, Irma Blank, Alberto Garutti, Alberto Biasi, Edoardo Landi, Bruno Munari, Ennio Bertrand, Giuliano Mauri, Gianni Colombo
Racconti: William Xerra, Gianfranco Barucchello, Vincenzo Accame, Emilio Villa, Nanni Balestrini, Sergio Breviario, Alessandra Spranzi, Lucia Pescador, Aldo Tagliaferro, Chaira Camoni, Luca Vitone, Enrica Borghi, Giovanni Morbin, Alis Filliol, Davide Boriani, Riccardo Arena, Tancredi Mangano, Andrea Galvani, Marco Signorini
Visioni: Franco Rognoni, Ennio Morlotti, Afro Bsaldella, Renato Birolli, Pietro Consagra, Luciano Minguzzi, Giacomo Manzù, Alberto Burri, Tancredi, Sebastian Matta, Mattia Moreni, Emilio Scanavino, Alik Cavaliere