In occasione della mostra-evento in corso a Mantova la moscovita Galleria Tret’jakov concede in prestito capolavori iconici di Marc Chagall, pittore dallo stile originale e inconfondibile, tra i più amati dal pubblico.
“Mantua me genuit”. Inizia così l’iscrizione sulla tomba di Virgilio a ricordare la nascita sulle rive del fiume Mincio di uno tra i massimi poeti di lingua latina. Nei secoli, in particolare in epoca Rinascimentale, sono numerosi gli artisti che trovano ospitalità presso la corte gonzaghesca e qui concepiscono capolavori assoluti della letteratura, della musica, della pittura e dell’architettura. Una vocazione per l’arte e la bellezza tutt’oggi immutata che si esprime con un ricco bouquet di iniziative organizzate nelle piazze e negli edifici monumentali della piccola città circondata dai laghi.
In questo inizio di settembre, in concomitanza con la XXII edizione di Festivaletteratura, il Comune riapre al pubblico il duecentesco Palazzo della Ragione – oggetto di lunghi restauri a causa dei danni dovuti al terremoto del 2012 – e vi allestisce la mostra Marc Chagall come nella pittura, così nella poesia.
Nell’ampia sala al primo piano della sede del potere civico l’architetto Giovanni Maria Filindeu ha creato una struttura che, come Palazzo della Ragione, è porticata sulla facciata destinata a invitare il pubblico all’ingresso. Nei cinque ambienti che si succedono la curatrice Gabriella Di Milia ha organizzato le 130 opere presenti in mostra, tra le quali le 68 prestate dalla Galleria Statale Tret’jakov di Mosca: 50 acqueforti, 2 dipinti, 9 gouache su carta e i 7 teleri del Teatro ebraico.
Marc Chagall è uno dei pittori più amati dal pubblico per la sublime poesia in cui tuffa il pennello prima di raccontare su tela storie dall’alto potere evocativo. Nelle sue opere confluiscono i ricordi dell’infanzia a Vitebsk – la città, sita oggi in Bielorussia e allora nella parte occidentale dell’Impero zarista, dove nasce nel 1887 e compie i primi studi artistici – trasfigurati in maniera surreale, le potenzialità salvifiche dell’immaginazione enunciate da Freud, le invenzioni espressive delle Avanguardie e il fascino di una città multiculturale quale la Ville Lumière. Durante il primo soggiorno francese, dal 1910 sino alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, Chagall si avvicina agli esponenti della Scuola di Parigi e aderisce, pur restando sempre in posizione marginale, a Cubismo e Fauvismo. Dalle Avanguardie l’artista mutua anche l’interesse per la grafica e l’editoria: nascono così le serie di incisioni destinate a illustrare i libri, presenti in mostra a Mantova con i fogli più belli.
Il percorso di visita si apre con la rassegna di acqueforti realizzate per La Bibbia edita dal mercante d’arte Ambroise Vollard: prima di affrontare il lavoro, nel 1931, Marc Chagall intraprende con i famigliari un viaggio in Egitto e Palestina per scoprirne i paesaggi e fissare nella mente la luce della Terra Santa. Protagonista di ogni singolo episodio è l’intimo legame tra divino e umano che, di volta in volta, assume toni drammatici piuttosto che serafici. Provenendo da una famiglia ebraica profondamente religiosa, Chagall affronta il testo con sensibilità e reverenziale timore di Dio, entità presente delle incisioni solamente attraverso l’iscrizione del nome in ebraico all’interno del sole o nei suoi emissari.
Ammirando poi le illustrazioni de Le favole di La Fontaine scopriamo una profonda analogia tra il pittore russo nato alla vigilia del XX secolo e lo scrittore che ama frequentare i salotti delle Preziose di Luigi XIV nella brillante capacità di combinare entrambi tradizioni e iconografie di popoli ed epoche distanti tra loro. Incisione dopo incisione vediamo succedersi in un divertito tourbillon la campagna francese e l’oriente, donne-gatto, cani che portano il cibo ai padroni, somari, uccelli di diverse specie e robusti contadini di montagna.
Si giunge quindi nella sezione ove è esposta la traduzione in immagini de Le anime morte, il capolavoro del russo Nikolaj Gogol’, commissionata, come le precedenti, dall’editore Vollard. In mostra sono giunti dalla Galleria moscovita 50 dei 96 fogli che compongono la serie, una delle tre ancora superstiti, regalata dall’autore alla Galleria Tret’jakov come testimonia la dedica autografa sulla stampa di apertura della rassegna. Si sorride cinicamente osservando il ritratto caricaturale di Čičikov e degli avidi possidenti con i quali tratta i suoi loschi affari o contrapponendo l’opulenza dei banchetti alle misere condizioni delle “anime”, ovvero dei servi della gleba, considerate un mero accessorio del latifondo, oggetti monetizzabili persino da morti. Una rassegna a tratti grottesca che conferisce una degna restituzione della profonda critica sociale e umana tracciata da Gogol’.
Il bianco e nero delle stampe cede il campo al colore nella sezione dedicata ai dipinti. Protagonisti indiscussi – e non solo per le dimensioni fisiche – sono la rasserenante Veduta dalla finestra della dacia (1915 circa) su un bosco di betulle e il romantico volo Sopra la città (1914/18),due opere iconiche, universalmente note quale compendio della poetica di Chagall. Protagonista di Sopra la città è l’amore: per la moglie Bella Rosenfeld, ritratta mentre volano insieme in cielo intrecciati in un tenero abbraccio, lievi come piume, e per Vitebsk. Infatti, nonostante il continuo peregrinare tra le scintillanti capitali europee e gli Usa, Chagall indugia spesso sulla tela nel tracciare i volumi delle architetture tipiche della terra natia, edifici a volte distorti come in un’apparizione onirica – vedasi la Casa a Lyozno (1914) – e altre descritti nelle linee essenziali come nel già citato Sopra la città, alla guisa di Cézanne ma con la palette di colori che dal caldo ocra del paesaggio mediterraneo vira sui toni freddi dei grigi.
Per l’ultima sezione l’architetto Filindeu ricrea i volumi del Teatro ebraico da camera di Mosca ove ambienta i grandi teleri dipinti nel 1920 da Marc Chagall. Una messa in scena che sottolinea l’eccezionalità di poter ammirare a Mantova tali preziosità che da decenni, dopo il fitto calendario di esposizioni che negli anni Novanta aveva toccato 46 città in Paesi e continenti diversi, non hanno più lasciato la Galleria Tret’jakov. È un allestimento immersivo che restituisce al pubblico l’idea della collocazione originale, dove al posto del palcoscenico è stata aperta una grande finestra affacciata sugli affreschi che decorano Palazzo della Ragione, proponendo un affascinante dialogo – propriamente teatrale – tra rappresentazione e realtà. Il Teatro ebraico da camera nasce nel 1919 a San Pietroburgo; quando l’anno successivo trasloca a Mosca il regista Aleksej Granovskij chiede a Chagall di ideare le scenografie per lo spettacolo inaugurale. Rattristato dall’ambiente spoglio, l’artista decide di realizzare l’intero apparato decorativo della sala e in soli 40 giorni crea i sette grandi teleri. Per la parete di fronte al palcoscenico firma Amore sulla scena, una delicata composizione di chiara ispirazione costruttivista. Tra i volumi dai toni perlacei si stagliano i profili di due ballerini stretti in un pas-de-deux, candidi come il sentimento che rappresentano, attraversati da un lampo rosso come la passione, in un intrigante gioco di allusioni. Sulla destra è collocato Introduzione al teatro ebraico, un omaggio ai committenti e alla variopinta umanità di artisti che porta in scena le proprie bizzarrie per il piacere del pubblico. Chagall utilizza l’escamotage cubista di introdurre colorate figure geometriche per ripartire il lungo telero in tante scene diverse. Sulla sinistra, sotto il Fregio del banchetto nuziale, sono posti i quattro pannelli in cui appaiono le personificazioni di Musica, Danza, Teatro e Letteratura. Chagall non si ispira all’epoca classica, raffigurando diafane fanciulle, ma ritrae – indugiando lievemente nella caricatura – le figure che animano la comunità ebraica e i suoi momenti di festa.
Dopo questa ultima sezione si esce dalla mostra frastornati dalle tante sollecitazioni culturali e artistiche condensate da Chagall, con incredibile leggerezza, in opere dall’elevato coefficiente poetico. Il catalogo edito da Electa apporta preziosi contributi per meditare sulla visita e apprezzarla ancor più perché, soffermandosi a esaminare a lungo i dettagli di ogni composizione, la mente corre alla promessa “Je vous dois la vérité en peinture, et je vous la dirai” fatta da Cézanne nel 1906 a Emile Bernard, allievo di Gauguin. E ci si chiede quale sia la verità ultima da leggere in incisioni e dipinti creati da Chagall ebro di entusiasmo per la Rivoluzione d’Ottobre – che immagina foriera di benessere e dignità per ogni cittadino – e le opere di Freud.
Silvana Costa
La mostra continua:
Palazzo della Ragione
piazza delle Erbe – Mantova
fino a domenica 3 febbraio 2019
orario: martedì – domenica 9.30-19.30
chiusura della biglietteria h 18.3
chiuso il lunedì ad eccezione di 24 dicembre 2018 e 7 gennaio 2019Marc Chagall come nella pittura, cosi nella poesia
a cura di Gabriella Di Milia
consulenza per la realizzazione del progetto Raffaella Resch
progetto di allestimento Giovanni Maria Filindeu
con Francesco Casu, Salvatore Murgia, Giampaolo Scifo, Antonella Zola
progetto grafico Leonardo Sonnoli, Irene Bacchi – studio Leonardo Sonnoli
promossa da Comune di Mantova
in collaborazione con Galleria Statale Tret’jakov di Mosca
organizzazione, produzione e catalogo Electa
www.chagallmantova.itCatalogo:
Marc Chagall come nella pittura, cosi nella poesia
a cura di Gabriella Di Milia
antologia critica a cura di Matteo Bonanomi
Electa, 2018
15,5×24 cm, 204 pagine, 120 illustrazioni a colori
prezzo 25,00 Euro
www.electa.it