Chiara Salvucci svela la persona dietro il personaggio della maga Circe innamorata dell’astuto Ulisse.
MTM – Manifatture Teatrali Milanesi già da alcuni anni ha in cartellone la rassegna Le ragazze raccontano, una serie di spettacoli distribuiti nel corso della Stagione e tra le varie sedi volti a raccontare la storia da un punto di vista femminile o a proporre ritratti di donne celebri. Sotto questa egida il 4 maggio Chiara Salvucci ha debuttato in prima nazionale con Circe.
Lo spettacolo, nato da un’idea della stessa Salvucci che ne è interprete, regista e scenografa, a sua volta è frutto di Cantiere Circe, un progetto della Compagnia Corrado d’Elia concepito per “generare nuove visioni, nuove possibilità interpretative tracciando vie d’uscita da ogni costrizione identitaria e di genere”. Non è dunque un caso se uno dei ricordi condivisi da Circe con maggior veemenza sia la rabbia nel vedersi regalare ogni anno un nuovo telaio a indicarle quali aspettative la famiglia nutrisse nei suoi confronti. Telai che a un certo punto lei getta dalla scogliera: un gesto plateale per sottolineare come non si identifichi affatto in quell’ancestrale stereotipo femminile.
Una ribellione punita con l’esilio sull’isola di Eea dove gli unici compagni sono gli animali della foresta. Là incontra Ulisse che vi fa sosta nel corso del lungo viaggio verso Itaca: l’Odissea è in assoluto la prima fonte in cui compare la maga e Omero descrive così la sua comparsa in scena (Libro X, versi 178-183, nella celeberrima traduzione di Pindemonte):
E su l’isola Eéa sorgemmo, dove
Circe, Diva terribile, dal crespo
Crine, e dal dolce canto, avea soggiorno.
Suora germana del prudente Eeta,
Dal Sole aggiornator nacque, e da Persa
Dell’antico Oceàn figliuola illustre.
Circe ha un ruolo importante nell’opera – convince Ulisse, prima di riprendere la navigazione, a scendere nell’Ade per conoscere il proprio destino – e vanta una nobile discendenza dai Titani, i progenitori degli dei dell’Olimpo, ma non per questo riesce a sottrarsi al destino di buona parte delle figure femminili dell’Odissea, perse d’amore per l’astuto eroe greco, salvo poi ritrovarsi con il cuore spezzato, e descritte per sommi tratti, senza un reale approfondimento psicologico che conferisca loro tridimensionalità. A Chiara Salvucci dunque il compito con Circe di indagare gli anfratti della personalità di questa figura mitologica che tanti ricordano dai tempi della scuola riduttivamente come “colei che tramuta gli uomini in porci”. In un palco trasformato nell’isola di Eea l’attrice si immedesima nella dea ribelle, restituendo al pubblico un ritratto fresco e coinvolgente di una donna che passo dopo passo scopre sé stessa.
Una scoperta che non può prescindere dal rapporto con la famiglia d’origine. Circe infatti ricorda come nel corso dell’infanzia e della giovinezza i parenti la spingano ostinatamente verso gli ideali femminili di operoso angelo del focolare, moglie devota e madre prolifica: in questa fase realizza come non sia questa la donna che vuole diventare, che non è l’ideale di vita cui ambisce.
Nella solitudine di Eea, man mano esplora i luoghi, la giovane tesse rapporti con gli animali selvatici e apprende le peculiarità delle piante spontanee, prendendo coscienza delle proprie inclinazioni. Il tempo e l’esperienza la trasformano in una donna forte e in una maga potente, intenzionata a proteggere l’isola, la sua flora e la sua fauna dalle razzie dei marinai di passaggio. L’immagine restituita da Chiara Salvucci è estremamente articolata: è moderna nel suo riuscire a staccarsi dagli agi della vita precedente per vivere in armonia con la natura, rispettandone i ritmi e le risorse; è eroica nel preservare l’integrità del proprio territorio; è saggia nel trarre insegnamento dalle esperienze compiute.
Nelle parole di Ulisse Circe infine realizza come gli altri la vedano ora, nella sua maturità, scoprendo attraverso gli occhi altrui aspetti ulteriori se non inattesi della propria personalità.
Il risultato è un ritratto che, prendendo a spunto una definizione propria delle arti figurative, potremmo definire cubista per la minuziosità con cui si descrive Circe a tutto tondo, combinando tra loro i diversi punti di vista, anche a costo di porre in evidenza elementi distanti o addirittura in contrasto tra loro. Un contrasto che non è un controsenso e tantomeno fa sentire Circe in errore ma, anzi, la rende completa, come sottolinea sin dalle prime battute dopo aver snocciolato il lungo elenco degli epiteti con cui la si potrebbe definire.
Nel ripensare allo sviluppo narrativo di Circe, sempre restando in tema di antica Grecia, viene quasi spontaneo associare il costante percorso introspettivo della donna al pensiero socratico e, in particolare, all’ammonimento “conosci la tua psyché” poiché la felicità duratura si raggiunge esclusivamente entrando in armonia con la propria essenza più profonda.
Profonda è la sintonia che Chiara Salvucci riesce a creare in scena con il proprio personaggio, riscuotendo ampio consenso dagli spettatori che la applaudono a lungo e noi con loro. Sono anni che apprezziamo il lavoro e il talento di quest’attrice protagonista di molti spettacoli della Compagnia Corrado d’Elia eppure in Circe riesce a sorprenderci e spiazzarci. Sola sotto la calda luce dei riflettori, come sgusciata lontano dall’ombra e dalla regia di Corrado d’Elia, rivela una presenza scenica straordinaria. A guisa del personaggio interpretato esplora in lungo e in largo le proprie potenzialità, spaziando con maestria dalla tristezza alla passione, dal timore per l’ignoto all’orgoglio nello scoprire quale sia la propria vocazione, dimostrando un’insospettata energia dirompente.
Sua anche la scenografia, quel piccolo capolavoro di rocce e piante volto a evocare in scena il complesso ecosistema che regola l’isola di Eea, un mondo incontaminato svelato tuttavia al pubblico in sala solo al momento in cui Circe viene lì esiliata. All’ingresso nella Cavallerizza ci si trova infatti dinnanzai a un telo posto a celare il palcoscenico, percependo solo la silhouette dell’attrice che là si muove, quasi a voler evocare la distanza delle divinità dell’Olimpo dal mondo degli umani e montare la curiosità negli spettatori. Una curiosità ampiamente ripagata, un mistero destinato a stimolare la fantasia e a far aguzzare gli altri sensi, conferendo a Circe una seducente componente onirica.
La magia è compiuta, una volta ancora.
Silvana Costa
Lo spettacolo continua:
La Cavallerizza
corso Magenta 24 – Milano
fino a domenica 14 maggio 2023
orario: martedì – domenica 19.30
www.mtmteatro.itCirce
con Chiara Salvucci
progetto, scene e regia Chiara Salvucci
drammaturgia Cantiere Circe
supervisione drammaturgica Corrado d’Elia
aiuto regia Angelo Donato Colombo
assistenti scenografia Silvia Civran, Marta Passero
tecnico luci Francesca Brancaccio
produzione Compagnia Corrado d’Elia
organizzazione Afra de Sant
durata dello spettacolo: 60 minuti