Diego, l’altro Giacometti

Alla Fondazione Luigi Rovati di Milano è in corso la prima mostra italiana sullo scultore Diego Giacometti e sul suo profondo rapporto con il fratello Alberto.

Quando si parla delle sculture di Giacometti la mente corre subito ad Alberto e ai suoi uomini filiformi in bronzo che nello scorso decennio hanno polverizzato tutti i record di vendita per un’opera d’arte che non fosse un quadro. Esiste tuttavia un altro Giacometti, Diego, il fratello con cui divide a lungo lo studio parigino, anch’egli scultore di grande talento seppur baciato da minor fama. Diego, il fratello di un anno più giovane, che tante volte sin dalla nascita ha posato per lui e per il padre Giovanni, pittore celebre per i paesaggi alpini.
A questo modello d’eccezione la Fondazione Luigi Rovati dedica una bella mostra intitolata Diego, l’altro Giacometti a cura di Casimiro Di Crescenzo e visitabile fino a domenica 18 giugno.
In aderenza alle altre esposizioni ospitate sinora nel palazzo ottocentesco sede della Fondazione, anche le opere di Diego Giacometti sono selezionate tra le sculture e gli oggetti di design che, da un lato, meglio raccontino il lavoro dell’artista e, dall’altro, possano essere messi in dialogo con i pezzi di arte etrusca esposti sia nel suggestivo spazio al piano interrato sia nelle stanze del piano nobile. È questa la prima mostra monografica organizzata in Italia su Diego Giacometti e per l’occasione sono giunte in prestito sculture da tutta Europa, da musei prestigiosi e da collezioni private.
Sculture che testimoniano il profondo legame di Diego con la natura dei Grigioni dove è cresciuto, le belve viste al giardino zoologico di Parigi ma pure con gli animali fantastici della mitologia. Il bronzo è il materiale utilizzato con maggior frequenza per la molteplicità di destinazioni d’uso cui si presta, un materiale che l’artista apprende a lavorare a 25 anni quando raggiunge il fratello Alberto a Parigi per aiutarlo nel suo atelier. All’epoca si è già cimentato nel disegno e nella pittura ma è solo affiancandolo che dimostra di possedere grande manualità e velocità nell’acquisire le tecniche della scultura, inclusa quella su pietra per cui Alberto non sembra avere grande affezione.

Le sezioni in cui si articola il percorso di visita, diviso tra i due piani, sono quattro, le prime tre mai nettamente divise tra loro ma concepite in modo da fluire l’una nell’altra come le idee dello scultore alle prese con l’atto creativo.
Nella prima sezione, intitolata Tra scultura e design, è possibile ammirare alcuni esemplari dello zoo creato da Diego Giacometti: una rassegna estremamente varia che spazia dalla Leonessa (1931) che avanza con fare minaccioso ai tre ornamenti da parete plasmati a guisa di mostruosi Uccelli (1942). Sculture a sé stanti dunque ma pure decorazioni per mobili e porte, importanti maniglie o scenografiche applique create con sapienza artigiana, sempre disdegnando la produzione industriale di massa, anche quando, insieme ad Alberto, collabora con il celebre designer francese Jean-Michel Frank.
La natura è pure la principale forma di ispirazione dell’Art Decò in voga in Europa nel primo dopoguerra, uno stile cui si avvicina l’intrico delle radici di un albero ricreato da Diego per il supporto di leggiadri tavolini mentre altre versioni prevedono le gambe rifinite con le zampe e le teste di gatti. La natura diventa arte e, a sua volta, l’arte si ammanta di funzionalità come dimostra Mobili e oggetti, la seconda sezione della mostra in cui si presentano sedie, tavoli, consolle animate da cavalli, cani e alberi oltre a lanterne che prendono la forma di gabbie con uccellini ad arredare con eleganza le stanze al piano nobile della sede della Fondazione Luigi Rovati. Diego mutua dal fratello l’uso di elementi essenziali e snelli, realizzati prevalentemente in bronzo patinato per conferire alle sue creazioni l’allure dei capolavori rinvenuti nel corso di scavi archeologici. Quell’allure che al piano interrato rende quasi impossibile distinguere  l’età del Grande candelabro con navigatore (1965) da quella del Candelabro in bronzo di produzione etrusca (V secolo a.C.) cui, a sua volta, è accostata la Testa di leone (1934 circa) in serpentino. Un po’ come accade come il cratere Deux femmes allongées (1950) di Pablo Picasso collocato in mezzo a vasellame etrusco.
I gatti che negli anni trovano dimora nello studio, la volpe Misrose, i cani allevati in gioventù con i fratelli, i cavalli compagni del periodo dell’addestramento militare in Svizzera sono solo alcuni degli animali successivamente presi a modello per le sculture esposte nella sezione Bestiario. Sono opere di piccoli dimensioni che trovano agilmente collocazione sotto le teche o nelle vetrine a muro, inframmezzate – quasi mimetizzate –  ancora una volta ai pezzi d’arte etrusca della collezione permanente. Animali a volte stilizzati, altre sculture a tutto tondo come il Gatto maggiordomo (1967) che reca un vassoio destinato a contenere il becchime per gli uccelli. Attira inevitabilmente l’attenzione dei visitatori l’originale Struzzo (1977) ideato per conto del professor Binet che, come a Chagall e Mirò, chiede all’artista di decorargli un uovo di struzzo. La rassegna è solo una piccola parte della vasta produzione di Diego Giacometti che con Rembrandt Bugatti è annoverato tra i maggiori interpreti della rappresentazione artistica francese degli animali.
La  quarta sezione presenta Diego come modello, sia dei dipinti del padre sia delle sculture di Alberto che nel rappresentarne la testa compie le prime sperimentazioni volte a condurlo allo stile per cui oggi è celebre. In mostra sono presenti tre busti, accompagnati da alcuni disegni preparatori, realizzati in bronzo da Alberto Giacometti negli anni Cinquanta: la superficie irregolare, tipica della lavorazione dei bozzetti in argilla, è testimonianza di una tensione creativa di cui Diego è costantemente al centro.
Al piano interrato, come sopra accennato, le opere di Giacometti – analogamente a quelle di Lucio Fontana e Arturo Martini – sono inserite nelle teche a sviluppare un dialogo con i reperti di epoca etrusca: la Mano (1942/44) in terracotta smaltata si mescola per esempio con gli Ex-voto anatomici (III-II secolo a.C.) mentre le Domatrici (1960 circa) in bronzo e gesso rivaleggiano in bellezza con le Coppe con “Signore degli animali” (seconda metà VIII – prima metà VII secolo a.C.).

La mostra ha offerto l’occasione per condurre nuovi studi per approfondire la conoscenza della figura di Diego Giacometti, sia analizzandone l’opera sia esaminando la corrispondenza con il fratello. Casimiro Di Crescenzo confida infatti alla stampa come: “il parallelismo biografico tra Diego ed Alberto consente di comprendere la genesi e l’evoluzione artistica di Diego e ne conferma l’assoluto talento”. L’esito di tali studi è ben sintetizzato nel catalogo stampato per i tipi della Fondazione Luigi Rovati.
Diego, l’altro Giacometti, come le altre esposizioni della Fondazione, è accompagnata da laboratori per bambini e da una serie di podcast gratuiti con testi di esperti del calibro di Tiziano Scarpa, Silvia Ballestra e Luigi Grazioli.

Silvana Costa

La mostra continua:
Fondazione Luigi Rovati
corso Venezia, 52 – Milano
fino a domenica 2 luglio 2023
orario: mercoledì – domenica ore 10-20
ultimo ingresso ore 19.00
ingresso gratuito
www.fondazioneluigirovati.org

Diego, l’altro Giacometti
opere di Diego Giacometti 
a cura di Casimiro Di Crescenzo
una mostra Fondazione Luigi Rovati
in collaborazione con PLVR Zürich

Catalogo:
Diego, l’altro Giacometti
a cura di Casimiro Di Crescenzo
testi di Roger Montandon, Eberhard W. Kornfeld, Henri Cartier-Bresson
Fondazione Luigi Rovati, 2023
16,5×24 cm, 224 pagine, 21 immagini b/n e 72 colore
prezzo: 27,00 Euro