Elliott Erwitt. Retrospective

Si inaugura a Lucca la mostra dedicata al fotografo di Magnum, Elliott Erwitt. Tra ironia e continuità.

Dopo le personali di Henri Cartier-Bresson e Robert Capa (leggi la recensione), le porte del Lu.C.C.A. Center si aprono nuovamente per un  maestro della fotografia targata Magnum Photos.
Due i segni distintivi di Elliott Erwitt. Il primo, quello humour ebraico che assurge a denuncia sociale in Carolina del Nord (1950), dove – in uno scatto – mostra la differente condizione di bianchi e neri fotografando un bagno maschile con due lavabi: uno, sporco e rotto, sotto la targhetta Colored (e si è già così civili da non scrivere Nigger) e l’altro, nuovo e in ordine, sotto a White; o in Colorado (1955), dove un bambino, guardandoci attraverso il finestrino di un’auto parcheggiata, posa un occhio dietro a un foro, probabilmente di proiettile; o, ancora, in Pittsburgh (1950), con il bambino afroamericano che gioca con una pistola, premendosela contro la tempia; e in Baton Rouge (1976), che, davanti al manifesto dei True White Patriots, mostra il neonato in braccio alla mamma già vestito con il nefasto saio bianco con cappuccio. Ma anche nella serie di scatti dedicati alle famiglie statunitensi – tra gli anni 50  e 60 – che ben esprimono quel perbenismo e conformismo sociale messo in ridicolo con grande intelligenza dai coevi Addams televisivi.
Il secondo stilema è indubbiamente la spontaneità dello scatto. Erwitt rivendica la foto senza preparazione, rubata, l’attimo fuggente immortalato su pellicola che, nella propria unicità, riesce comunque a evocare un ambiente, raccontare un vissuto. A differenza di un maestro della fotografia contemporanea come Sebastian Rich (leggi l’intervista) che, prima, cerca l’incontro intellettuale ed emotivo con il soggetto e, solo alla fine, suggella questo contatto umano con uno scatto, spesso in bianco e nero, altrettanto commovente e ricco di pathos; Erwitt non stende la mano, non accarezza il volto, ma ne rimane distaccato, come quel cine-occhio vertoviano che non si perita di comprendere né di denunciare. Ecco, quindi, le serie dedicate alle finestre o alle stanze d’albergo; i panni stesi di New Jersey (1954), e non di Napoli; il cartellone della Pepsi accanto a un Cristo in croce (Penisola di Valdés, Argentina, 2001); il gabbiano sul palo della luce che osserva il volo di un aereo (Coney Island, 1975); o l’ombra con gli occhi di margherita (Irlanda, 1991). L’ironia resta sottesa e l’osservatore sorride per l’accostamento inconsueto.
Interessante anche la scelta di alcuni temi prediletti da Erwitt e che lo accomunano al suo – riconosciuto o meno – maestro, Henri Cartier-Bresson.
Se è ben nota, innanzi tutto, la passione di Erwitt per i cani (in mostra diversi scatti che puntano soprattutto a mettere alla berlina la stupidità umana di fronte alla natura animale), risulta forse più accattivante il gruppo di oche che passeggia, affiancato da alcune donne che, grazie ai gonnelloni tradizionali, sembrano muoversi con la medesima andatura (Ungheria, 1964) e che rimanda inevitabilmente a quelle oche ciarliere olandesi di Cartier-Bresson (autore, anche lui, di molte foto dedicate agli animali e nutrite dello stesso gusto anticonformista).
In secondo luogo, il mare: foriero di presagi nefasti sotto un cielo plumbeo, come in Cambogia (1998); fonte di divertimento per l’osservatore, in Brighton (1956), dove alcuni inglesi in spiaggia – con giacca e cravatta – sembrano passeggiare per la city; o, ancora, racconto muto di cambiamenti di costume epocali, in Santa Cruz (1975), dove una coppia di mezza età in abiti olandesi tradizionali osserva, su una spiaggia assolata, un’altra coppia vestita in jeans e maglietta; e infine, dipinto impressionista nel mare al tramonto, dove le vele solcano le acque baluginanti nelle ultime luci, mentre la staccionata, in primo piano, sembra separarci per sempre da quel dì di festa che ormai è trascorso per sempre (Santa Monica, 1977), indiscutibilmente vicino alla poesia pointilliste de L’Ile de la cité di Cartier-Bresson.
E, ancora, il furto d’immagine che ci restituisce la donna con la testa reclinata all’indietro, che si è addormentata in una sala d’aspetto (Fernandina Beach, 1950), così simile nel proprio abbandono a quella coppia di Cartier-Bresson (Romania, 1975), addormentata in una carrozza ferroviaria; o alla figura muliebre con il capo celato da una tenda (San Francisco, 1955), alla Dalì o alla Cartier-Bresson ancora una volta (e al suo magrittiano uomo con la testa che sembra avvolta da una tenda – in Livorno, 1933).
Molteplici quindi i percorsi e gli spunti, i temi e le prospettive, anche oggettive – visto il formato delle foto esposte che, spesso, invita a un’osservazione da media distanza dove lo scorcio del finestrino sembra ancora di più sottolineare l’ironia dello scatto che evidenzia le tre frecce a destra, una più grande dell’altra, e che racconta tutta una storia di auto finite in contromano; o la cabina telefonica persa nel nulla, dove una signora chiama, mentre un tecnico, su un traliccio di fronte, sembra metterla in contatto direttamente con il paradiso o ascoltarne la conversazione in stile Echelon. E infine quel binario, in Polonia, perfetta verticale verso l’abisso, ricordo di quell’Olocausto al quale Erwitt è riuscito a sfuggire.

Simona M. Frigerio e Luciano Uggè

La mostra continua:
Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art
via della Fratta, 36 – Lucca
fino a domenica 30 agosto 2015
orari da martedì a domenica, 10.00-19.00
lunedì chiuso
www.luccamuseum.com 
 
Elliott Erwitt. Retrospective                                   
a cura di Maurizio Vanni
organizzazione Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art
in collaborazione con Magnum Photos
una produzione MVIVA S.r.l.
con il patrocinio di Regione Toscana, Provincia di Lucca, Comune di Lucca, Opera delle Mura, Camera di Commercio di Lucca, Confindustria Lucca, Confcommercio Provincie di Lucca e Massa Carrara, Confesercenti Lucca, Confartigianato Lucca
con il supporto di Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, Fondazione Banca del Monte di Lucca, Gesam Gas+Luce 
www.elliotterwitt.com