Humans

Continua a Fuori Luogo il focus sul teatro sociale di Fuori Norma. Questa volta, in scena al Dialma Ruggiero, la Compagnia Teatro La Ribalta con Il ballo.

Compagnia che da anni si occupa di teatro con attori diversamente abili, Teatro della Ribalta arriva a La Spezia con uno dei suoi lavori storici, in cui il gruppo al completo si mette in gioco in scena, per raccontare di una prigionia molto particolare. Sulle tracce di Pirandello, Jean Paul Sartre e Bruno Schulz, si costruisce una drammaturgia visibile in filigrana, una struttura con pochi elementi portanti: un gruppo di esseri umani sono prigionieri in una stanza, obbligati a ripetere lo stesso copione fatto di gesti predefiniti sempre uguali, in un eterno giorno, senza possibilità di chiudere gli occhi. Accolti dal Caronte di turno, sorta di tutor dell’inferno, e assunto il proprio ruolo, con la rituale vestizione dei propri panni, iniziano la danza. Sullo schema del capolavoro del regista polacco Zbigniew Rybczyński, Tango, ecco che la scena si popola dei personaggi che ripetono in loop le medesime azioni, in un incastro curato al millimetro.
Nella ripetizione ossessiva, l’individuo si ribella, oppone forme di resistenza, piccoli ma significativi baluardi di dignità. Nascono allora scene che hanno il sapore e la forza della rivendicazione: della propria fragilità (come nella scena in cui la ragazza si libera del busto, reclamando la verità di un corpo senza correzione); o della propria energia – libera e incontrollata (ad esempio nella parte in cui il pugile rompe lo schema scatenando i propri movimenti).
Dal momento di svago, unico momento possibile di rottura autorizzata alla ripetizione, nasce prima una riflessione e poi una sequenza danzata sullo sguardo dell’altro e il potere dello specchio, in cui i gesti si fanno violenti, lo sguardo dell’altro diventa dominio, manipolazione, scherno e violenza crudele, finché il corpo si trasforma in un manichino nelle mani dell’altro (provocatorio e non casuale, forse, che questa scena di violenza verbale e fisica sia perpetrata da uomini su una donna).
La scena fa riflettere, da un lato, sulle possibilità di autonomia e autodeterminazione che si presentano all’individuo grazie alla capacità di controllo offerta dallo specchio; dall’altro, sull’occasione perduta di una ribellione alla logica dello specchio – e quindi dello sguardo stesso; ossia al potere egemone e prepotente della vista e delle sue categorie conoscitive, che si impadroniscono – di fatto, si sono impadronite da sempre – del mondo.
Non è, quindi, solo la logica della ragione a imprigionare i pazzi, ma è anche quella dello sguardo e della sua norma a imbrigliare i corpi. Corpi che di fatto si ribellano, tutti, nella loro fragilità e vulnerabilità, nel momento in cui si mostrano nudi all’inizio e alla fine.
La popolazione in scena ne Il ballo riconosce e dichiara così anche altri criteri per definire la propria umanità. Che sia la fragilità, la bellezza della verità – senza edulcorazioni o sovrastrutture estetiche e mentali – tutti sono uguali in scena. Senza distinzioni.
Alla fine tutto sembra pronto a ricominciare daccapo, con un altro tutor a tirare le fila e a impartire gli ordini; vittime e carnefici si scambiano il ruolo: ancora una volta i prigionieri non riescono a trasformare la propria sofferenza in rispetto per l’altro, mantenendosi invece nel ruolo di crudeli compagni di viaggio. Il ballo infernale abbraccia allora l’intera rappresentazione, e lo spavento dei personaggi di fronte agli applausi, il loro ritirarsi, trasforma il senso dell’intero spettacolo, scoprendoli vittime del perverso gusto di vedere di un pubblico che si approfitta e gode della sofferenza altrui.
Nonostante alcuni momenti intensi, e il grande pregio di presentare un’umanità altra, intera, non divisa in categorie – sano, normale, folle, malato – ma unita, lo spettacolo arriva con una sorta di stanchezza, un po’ didascalico – con troppo Sartre e troppo Tango, verrebbe da dire.
Se da un lato la proposta di un classico del teatro e del pensiero è sempre interessante, ci sembra che manchi quello spunto vivo che collega il classico al sentire attuale, e che lo rimette in moto.
Certamente è molto interessante la sovrapposizione dei due discorsi che nascono dal sartriano: “l’inferno sono gli altri“. Che sia così è ormai cosa risaputa, ma la faccenda cambia molto se nel trattare tale tematica sono coinvolti anche attori con disabilità o disagio psichico. Come afferma uno tra i personaggi in scena, il folle è giudicato e imprigionato dalla paura degli altri – spaventati dalla sua assenza di logica, o dalla sua diversa logica – e da questo punto di vista “l’inferno sono gli altri” non è più una profonda riflessione filosofica e sociale ma semplicemente un dato di fatto. Eppure, allo stesso tempo, l’altro si dimostra, in scena – in senso meta-teatrale forse, ma pur sempre reale – non solo inferno ma anche salvezza. L’altro rimane una grande possibilità di accoglienza, di sostegno, vicinanza e di comunione, come dimostra l’esistenza e l’attività stessa del gruppo teatrale. In un cortocircuito intrigante con l’argomento dello spettacolo.

Mailè Orsi

Lo spettacolo è andato in scena:
Centro giovanile Dialma Ruggiero
via Monteverdi, 117 – La Spezia (SP)
venerdì 9 marzo, ore 21.15

Teatro La Ribalta presenta:
Il Ballo
di Antonio Viganò e Julie Anne Stanzak
con Daniele Bonino, Evi Unterthiner, Jason De Majo, Maria Magdolna Johannes, Mattia Peretto, Matteo Celiento, Michael Untertrifaller, Michele Fiocchi, Mirenia Lonardi, Rocco Ventura, Rodrigo Scaggiante e Vasco Mirandola
regia Antonio Viganò
coreografie Julie Anne Stanzak
scene Antonio Panzuto
luci e costumi Michelangelo Campanale e Maria Pascale
direzione di produzione Paola Guerra
produzione Teatro la Ribalta – Kunst der Vielfalt
in collaborazione con Lebenshilfe Südtirol
res. artistiche “Olinda” – Festival Da vicino nessuno è normale – Milano
Fuori Norma – evento in collaborazione col progetto La Danza degli uomini uguali della Regione Liguria