I suoni e le pietre

Alberto Faliva con questo nuovo saggio restituisce a Francesco Dattaro e a suo figlio Giuseppe, liquidati in passato troppo velocemente come meri esecutori di progetti altrui, la dignità di raffinati architetti, attenti studiosi sia del classico sia delle nuove tendenze che elaborano in ardite soluzioni capaci di conquistare il favore della committenza, in patria e all’estero.

I suoni e le pietre, recentemente pubblicato dallo storico dell’architettura Alberto Faliva per i tipi di Mimesis, rappresenta un nuovo capitolo degli studi sulla figura e sul lavoro dell’architetto cremonese Francesco Dattaro (?/1576) e di suo figlio Giuseppe (1540/1619). Non ci si lasci trarre in inganno dalla bizzarra immagine di copertina che potrebbe indurre a scambiare il libro per un testo esoterico. I suoni e le pietre è un tributo di Alberto Faliva a Cremona, la città dove è nato e cresciuto, circondato da secoli di eccelsa architettura, e alle figure di Francesco e Giuseppe Dattaro, cui troppo poco spazio è dedicato nei manuali di storia dell’architettura. Faliva con meticolosità e sapienza certosina ricuce tra loro gli indizi emersi dagli archivi e dalle assonanze tra edifici coevi sino a ricomporre un ritratto a tutto tondo dei due architetti suoi conterranei.
Le indagini sui Dattaro sono nello specifico oggetto della seconda delle due parti di cui si compone il volume: Interpretazioni Imperfette. Accordar con Platon, Paolo e San Pietro. Il titolo è mutuato, come spiega Faliva, da un passaggio del proemio al capitolo XX del rifacimento di Francesco Berni dell’Orlando innamorato in cui l’autore cita i colloqui tra  Federico Fregoso, vescovo di Gubbio, e Girolamo Fondulo, un umanista cremonese dai forti legami con la Francia, sulla possibilità di conciliare filosofia antica, rivelazione cristiana e cultura ebraica. Una citazione che sottolinea la forte analogia tra l’uomo di lettere e gli architetti, accomunati da pari curiosità che li porta a conoscere, da un lato, gli antichi e, dall’altro, terre straniere, mescolando tra loro gli elementi eterogenei a dar vita a uno stile nuovo e sorprendente.
Faliva qui rafforza in particolare le basi che lo inducono a collocare il cremonese Francesco Dattaro alla corte di Francesco I di Francia, insieme a una nutrita compagine di altri artisti e letterati italiani, dove ipotizza, alla luce dell’assonanza con il chiostro di Sant’Abbondio a Cremona (1511), sia l’artefice del terzo piano del castello parigino di Madrid (1528/52), detto Boulogne, probabilmente il primo edificio di stile rinascimentale della città. Assonanza oggi desumibile attraverso l’esame di raffigurazioni d’epoca poiché l’edificio è andato distrutto nel corso del tempo. Una teoria questa che spiegherebbe la completa assenza di opere attribuibili a Cremona o nel circondario a Francesco Dattaro tra il 1525, al termine dei lavori nella Cattedrale, e il 1545/47 quando il suo nome compare in documenti d’archivio legati alla ristrutturazione delle case dei nobili della città. Assonanze ulteriori della pianta del castello di Madrid si ritrovano nel palazzo del Giacinto a Sabbioneta (1582) e nella palazzina di caccia a Marmirolo (1592) realizzate da Giuseppe Dattaro su commissione di membri della famiglia Gonzaga.
È proprio a Mantova, nella Sala dei Cavalli a Palazzo Te (1524/34) – il capolavoro di Giulio Romano in fuga dalla corte papale, realizzato per volere di Federico II Gonzaga – che, in un rapporto di mutuo scambio tra le due città confinanti, Alberto Faliva rintraccia il modello delle volute dei capitelli del chiostro cremonese. Analogamente alcune soluzioni della chiesa di San Pietro al Po (1573/79) sono ispirate a Francesco Dattaro dal trattato del mantovano Giovan Battista Bertani pubblicato nel 1558 a sottolineare in questo modo pure l’attenzione posta dai Dattaro a ogni nuova pubblicazione comparsa sul mercato.

I suoni e le pietre è sia il titolo del volume sia della sua prima sezione, una sorta di premessa in cui Alberto Faliva asserisce che “le parole delle lingue europee altro non sono che dei semplici suoni che emettiamo all’interno di una grande camera sinfonica, l’Europa” (pag. 9). La considerazione è mutuata dallo storico alla luce dei numerosi viaggi compiuti, prima, nel corso degli studi di specializzazione e, poi, per lavoro attraversando in lungo e in largo il vecchio continente.
Una considerazione che riflette dell’influenza sull’autore di altre figure storico-artistiche sue conterranee che hanno reso il nome di Cremona celebre nel mondo: l’umanista Marco Gerolamo Vida, il liutaio Antonio Stradivari e i compositori Claudio Monteverdi e Amilcare Ponchielli. Alberto Faliva si diletta nell’evidenziare con lessico musicale come i suoni delle parole si rincorrano allegramente attraverso le lingue europee. Si pensi per esempio all’italiano giardino che diventa jarden in francese e garden in inglese, in una variazione musicale del tema originario che contribuisce a far sentire il viaggiatore ovunque a casa propria.
Analogamente il ritrovare elementi comuni alle architetture del proprio Paese in terre lontane, oltre a creare famigliarità con il luogo, racconta come sin dalla notte dei tempi la distanza e le barriere naturali non abbiano fermato lo scambio di idee e tecniche tra le genti del continente. Scambio di cui i Dattaro sono stati innegabilmente partecipi.
I suoni e le pietre si configura dunque come una nuova importante pennellata al processo di ricostruzione del ritratto di Francesco e Giuseppe Dattaro e del contributo da loro apportato all’architettura tardo rinascimentale.

Silvana Costa

Alberto Faliva
I suoni e le pietre
Mimesis, 2023
106 pagine
prezzo 10,00 Euro
www.mimesisedizioni.it