La prima nazionale di Macelleria Ettore accoglie il consenso unanime di critica e pubblico.
All’interno di una scenografia minimalista ma funzionale e utilizzata al meglio dai quattro protagonisti, si svolgono e si svelano frammenti, tracce di relazioni tra individui che, come linee spezzate, paiono, a volte, intersecarsi per poi allontanarsi irrimediabilmente, tangenti su un orizzonte lontano, parallele di questo universo euclideo chiuso nella sua logica matematica senza appello.
Grazie all’elaborazione intelligente del testo drammaturgico – opera di Carmen Giordano – e all’abilità dell’intero cast, lo spettacolo, pur basato su racconti a se stanti, dimostra una compattezza felice che lo rende oltremodo fruibile e godibile.
In un’atmosfera distaccata, rarefatta, si muovono personaggi che hanno poco o nulla da dirsi – le incomprensioni sono usate come pretesto per risolvere relazioni mai vissute veramente. Gli accostamenti, scelti con grande perizia e cura, creano un continuum di senso sia nella descrizione dei vari personaggi che delle relazioni tra gli stessi. A volte, sembra quasi che si racconti un unico incedere doloroso dalla giovinezza dell’individuo, ancora illuso di poter essere felice, fino al crepuscolo della sua vita, ormai trascorsa per sempre.
L’inquietudine di tutti e ognuno è accentuata da prolungati silenzi, che rafforzano il senso di instabilità, dove il dramma sembra sempre sul punto di esplodere nell’invettiva liberatoria o, addirittura, nella tragedia senza possibilità di appello – cosa che, nello spettacolo così come nella realtà, avviene raramente. Colpisce, soprattutto, la descrizione di quei bisogni malcelati o solo parzialmente espressi che, piano piano, si fanno luce mostrandoci una società dove le barriere collettive e caratteriali, e le paure, dei singoli e dei molti, impediscono la ricerca di una possibile felicità.
Gli attori entrano ed escono di scena, utilizzando il giardino, un tappeto verde fiorito, come fosse un ring, circondato da muri inesistenti – suscitati nell’immaginario collettivo da un abile utilizzo delle luci. Un lampione è sufficiente per descrivere una miriade di luoghi dove si svolgono incontri fugaci e senza amore, tentativi di relazione abortiti, scene di vita (o non-vita) quotidiana – senza infamia e senza gloria.
Una regia attenta e intelligente accompagna lo spettatore nel lungo viaggio fino all’inevitabile esaurirsi di queste esistenze che non riescono a comprendersi, preda di pregiudizi – dove è maggiormente la casualità a disvelare piuttosto che il dialogo o lo svolgersi della relazione.
Un finale inaspettato e liberatorio, e poi “tutti a casa!”.
Luciano Uggè
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Lo spettacolo è andato in scena all’interno di InEquilibrio 2015:
giovedì 2 luglio
Castello Pasquini
piazza della Vittoria, 1 – Castiglioncello (Livorno)
Tenso sotto, ore 21.00
www.armunia.euMacelleria Ettore_Teatro al kg presenta:
Senza trama e senza finale
dai racconti di Anton Čechov
testo e regia Carmen Giordano
con Claudia de Candia, Stefano Pietro Detassis, Maura Pettorruso e Angelo Romagnoli
disegno luci Alice Colla
scena e costumi Maria Paola Di Francesco
musiche originali Renzo Rubino
organizzazione Daniele Filosi
consulenza drammaturgica Fausto Malcovati
durata: 75 minuti
www.macelleriaettore.it