A Milano, durante la settimana del Salone del Mobile, incontriamo Marc Sadler il designer impostosi all’attenzione del grande pubblico all’inizio degli anni Settanta per aver messo a punto il primo scarpone da sci realizzato in materiale termoplastico riciclabile. I vecchi scarponi in cuoio vengono definitivamente archiviati a favore di questo nuovo prodotto, proposto sul mercato da Caber (in seguito Lotto) in una ricca gamma di colori. Pur specializzandosi nel settore sportivo Sadler attraversa in lungo e in largo il mondo del design, ideando oggetti entrati a far parte delle collezioni del MOMA di New York e del Beaubourg di Parigi. Giusto per dare un’idea della frenetica attività creativa di Marc Sadler, facciamo presente che solamente in questa edizione della Milano Design Week, tra Salone e Fuorisalone, sono esposti circa venti suoi nuovi lavori.
Noi lo abbiamo incontrato da Excelsior Milano, l’ex cinema trasformato dall’archistar Jean Nouvel in un grande magazzino dedicato ai brand del lusso. Qui FPM – Fabbrica Pelletterie Milano presenta Bedstation, l’ultima nata nella famiglia di valige Bank Collection ispirate ai vecchi bauli da viaggio.
Spiega ai lettori di Artalks cos’è e come nasce Bedstation?
Marc Sadler: «Per arricchire la collezione di valige disegnate per FPM, l’anno scorso abbiamo presentato Workstation: un baule da viaggio che contiene una seduta e un tavolino per lavorare. Bedstation mantiene quelle stesse dimensioni però va aperta coricandola in orizzontale per estrarre un letto con tutto il nécessaire per passare una buona notte. La base su cui ci si sdraia è in legno, con tre piedini sotto ogni traverso per tenerlo sollevato dal suolo. Gli interni del baule hanno tasche dove si possono infilare, per esempio, alcuni libri, l’i-pad, il telefono o altre piccole cose. Tutto è organizzato per dare un senso di comfort. È un oggetto di pregio e un prodotto made in Italy: questa era per me una condizione importante, discussa a livello contrattuale con FPM. Un artigiano, con grande cura, ha già prodotto alcune Bedstation pronte per la vendita e ha i pezzi per assemblarne altre, mettendo grande cura in ogni dettaglio».
Il progetto che include Workstation e Bedstation sembra ispirarsi ai vecchi bauli da viaggio attrezzati.
M.S.: «La verità è che un giorno a Parigi ho visitato una mostra bellissima al Petit Palais (sede del Musée des Beaux Arts de la Ville de Paris n.d.r.) dedicata a Louis Vuitton, dove era esposta una gran quantità di bauli da viaggio. Erano enormi e bellissimi. Purtroppo sono oggetti oggi inutilizzabili per i viaggi: servono almeno due persone per traportarli oltre ad avere volume e peso enormi. Workstation e Bedstation cavalcano l’idea di “Small is beautiful: apri il baule e magicamente esce un tuo mondo, dove puoi lavorare e anche riposare”. Mi sembrano oggetti interessanti anche se, quando sono chiusi, portano solo sé stessi o poco più».
Che uso immagina se ne possa fare?
M.S.: «Mi sembra ideale per un giovane divorziato che deve far ripartire la propria vita. Oppure un oggetto che piace per il design, da posizionare in un angolo dell’ufficio a New York per le emergenze: quando si lavora fino a tardi si può chiudere la porta, aprire la valigia e dormire. La mattina ci si sveglia di nuovo in forma. Confesso che più volte mi è successo di dormire in studio: ho smontato un divano di Cassina per avere i cuscini da allineare sul pavimento e stendermici sopra. Vi assicuro che non è una soluzione comoda perché nottetempo i cuscini si spostano».
Ha citato gli oggetti prodotti da Louis Vuitton: cosa significa lusso per lei e come lo si può conciliare con la produzione in serie?
M.S.: «Disegnando un oggetto che deve essere prodotto industrialmente non si può ignorare il fattore economico. A volte capita di ricominciare perché l’idea iniziale costa troppo. I valori di un oggetto però non sono solo monetari: la sensazione di lusso che trasmette è composta dalla somma di tanti fattori, a iniziare dalla qualità. La scorrevolezza della ruota delle valigie Bank Collection è merito di un signore giapponese, un ingegnere che ha un’azienda che produce le migliori ruote del mondo. FPM le importa e le assembla Italia. Questo è solo uno dei tanti esempi che potrei portare per spiegare che il lusso è la cura posta in ogni singolo dettaglio».
Che tipo di viaggiatore è lei?
M.S.: «Ho passato una parte della mia vita tra un ufficio in Italia, uno negli Stati Uniti e un altro a Taiwan. Vedevo un jumbo ed esclamavo “Casa!” Questa vita andava bene a trent’anni. Adesso cerco di viaggiare con confort, di partire con la mia famiglia verso luoghi che mi interessano. Tempo fa per esempio una nostra amica ha organizzato un fantastico soggiorno in Irlanda: un giorno abbiamo fatto un’escursione in bicicletta con la nuvola di Fantozzi sempre sopra di noi, il successivo abbiamo visitato il museo dedicato a Bacon a Dublino (la Hugh Lane Gallery, n.d.r.); abbiamo anche fatto un tour in barca dove tutti – tranne me – hanno vomitato per il rullio ed il cibo era buonissimo. Questo è un tipo di viaggio che mi piace fare. Poi c’è il viaggio di lavoro, ma quello e un’altra cosa».
Lei è francese di origini austriache. Ha viaggiato e lavorato in tutto il mondo. Perché alla fine si è fermato a Milano?
M.S.: «L’alchimia presente in tutta Italia – e non nella sola Milano – rende il Paese incomparabile per chi è appassionato di prodotti. In Italia ci sono persone che hanno ancora voglia di correre il rischio d’impresa. Qui ho conosciuto pazzi che dirigono aziende che, con me, si sono lanciati in progetti dall’elevata percentuale di rischio. Sono persone con forza e coraggio, con una grande passione per quello che producono e Bedstation ne è un esempio».
Scorrendo il suo curriculum notiamo che ha ideato prodotti di tantissime tipologie differenti. C’è qualcosa di nuovo con cui avrebbe voglia di cimentarsi?
M.S.: «Mi affascina il mondo dei trasporti. Io mi sposto in città con lo scooter ma trovo sia mal disegnato. In passato ho elaborato un progetto per Aprilia, un ibrido fra moto e scooter (Moscoo, 1998, n.d.r.): sono stati realizzati disegni e prototipi ma poi tutto è finito nel museo aziendale. Confesso che mi è rimasto il rimpianto di non vederlo andare in produzione e oggi mi piacerebbe riflettere su questo lavoro, tenendo presente che nel frattempo sono cambiate le esigenze e la tecnologia».
C’è un progetto cui è particolarmente legato?
M.S.: «Esiste ed è un legame di cui ho preso coscienza a distanza di anni dalla fase della progettazione. È accaduto quando ho iniziato a ricevere centinaia, migliaia di messaggi di persone che mi scrivono “Grazie per avermi salvato la vita quando sono caduto con lo scooter”. Non me l’aspettavo. A volte rimpiango di non aver studiato abbastanza, di non essere diventato chirurgo, professione che mi affascina. Però, con il Paraschiena disegnato per Dainese (1994/2000, ha ottenuto una Segnalazione al XVII Compasso d’Oro ADI 1994, è esposto al MOMA di New York nella collezione permanente di design, n.d.r.) posso dire che ho salvato la vita a qualcuno anche io».
Silvana Costa