Alla Galleria Continua di San Gimignano si inaugurano quattro mostre monografiche, che indagano l’intimo e personale o l’altro da sé impersonale. Protagonisti: Etel Adnan, Jonathas De Andrade, Ahmed Mater e Sabrina Mezzaqui.
Maschile e femminile, esteriore e interiore, macro e microeconomico, omologante e includente. Questi termini dicotomici sembrano rappresentati appieno nelle quattro personali, in mostra contemporaneamente nel borgo del senese. Due artiste, Etel Adnan e Sabrina Mezzaqui – lontane per formazione e rappresentanti generazioni distinte (la prima, libanese, classe 1925; la seconda, italiana, classe 1964) – innestano nella loro arte alcuni stilemi in comune, quali l’uso di materiali anche poveri, il recupero di saperi antichi come la tessitura degli arazzi e il ricamo, uno sguardo carezzevole rivolto al mondo infantile e al gioco, una visione ludica e includente del mestiere dell’artista.
Emblematici, in tal senso, gli arazzi di Adnan (Déjeuner au soleil, e Lumière Blanche, entrambi del 2016, in lana), intensi nel restituire il senso delle pennellate piatte che caratterizzano i suoi quadri e le forme pre-cubiste à la Cézanne; oltre alla scatola di polistirolo, riprodotta in marmo (L’autre sculpture, 1997/2017), miniatura di un universo di bambola di tempi ancora non sclerotizzati da smartphone e giochi elettronici. Ma anche l’albero della vita (Fare fiori, 2017) con i fiori di carta multicolori, tripudio di naïveté e felice ritorno a un’infanzia fiabesca, di Mezzaqui. Sempre di Mezzaqui, la tessitura dei versi di Borges (Diciassette haiku, 2017), stilizzati nel rigore delle 17 more dell’haiku: microcosmi di significato catturati da acchiappasogni, intessuti con mano delicata e affidati alle ali delle gru, perché giungano in Paesi lontani… abitati da re e regine, cavalieri e belle principesse addormentate (S.T. – dittico con estratti da Rosaspina dei fratelli Grimm). Il fil rouge della personale di Mezzaqui continua sul tavolo di lavoro (documentato da un video con foto in bianco e nero) condiviso con donne di Cesena e Marzabotto che, insieme all’artista, hanno creato una collana di perline e pezzetti di carta, dove la povertà dei materiali e il colore perlaceo restituiscono un autentico senso di levità alla pratica in uso nell’infanzia (Bianco naturale, 2017). Un elogio alla lentezza che si tinge dei colori orientali: come quei pezzetti di carta vergati di pensieri amorevoli, che bruciano i vietnamiti per mandare messaggi ai propri morti.
Di tutt’altro tenore, le personali dei giovani artisti in mostra, il brasiliano Jonathas De Andrade (classe ‘82) e il saudita Ahmed Mater (del ’79), tutti volti a indagare il mondo nel quale viviamo. Tra logiche di potere – religioso ed economico, con ricadute sull’ambiente e la collettività – il secondo; e il perdurare di economie di sussistenza, legate anche a un diverso approccio tra uomo e natura, il primo.
Come nel libro Una rivoluzione ci salverà di Naomi Klein, Mater documenta la lotta dei nativi americani contro l’oleodotto Keistone 1 (Standing Rock, 2016/17), che sarebbe dovuto passare in North Dakota (e che potrebbe ancora passare, date le dichiarazioni dell’amministrazione Trump, all’interno della riserva Sioux). Una battaglia per il futuro dei propri figli minacciato dall’inquinamento delle acque e dei terreni. L’impari lotta contro le multinazionali del petrolio che, tra oleodotti e fracking, stanno portando le loro speculazioni a ledere il diritto naturale dei nativi, ma anche di molte altre comunità locali in tutto il mondo di vivere in un ecosistema sostenibile.
Jonathas De Andrade, da parte sua, documenta con una serie di fotografie e un video (O Peixe / The fish, 2016, docu-film in 16 mm acquisito in 2k) la pesca effettuata da alcuni abitanti di un villaggio nel nordest del Brasile. Esistenze che scorrono lente come il fiume quando si allarga alla foce, tempi che devono sottostare alle leggi della natura, silenzi che racchiudono il senso della morte che incombe. Anche se le tecniche possono essere diverse (dalle reti alla pesca con la fiocina), l’usanza comune a tutte le generazioni di pescatori ripresi è quella di impedire al pesce di respirare premendogli le branchie con le mani. Ma la morte giunge come una carezza, quasi con la levità di un bacio. L’immersione in un universo che sembra essere scampato al progresso, e dove permangono forti i legami con l’ecosistema, espone anche alla dualità intima, profonda e dolorosa, ma ineluttabile, tra morte e vita, all’esigenza di uccidere per sopravvivere.
Quattro mostre in una: quattro volti dell’arte contemporanea da altrettanti angoli del globo, riuniti tutti nel crogiolo culturale di San Gimignano.
Simona M. Frigerio
Le mostre continuano:
Galleria Continua
via del Castello, 11 (e varie location nel centro storico)
San Gimignano (SI)
fino a domenica 7 gennaio 2018
orari: da lunedì a domenica, 10-13 / 14-19
www.galleriacontinua.com
Jonathas De Andrade presenta:
Eu, mestiço / Me, mestizo
Etel Adnan presenta:
Déjeuner ai soleilAhmed Mater presenta:
Mitochondria: PowerhousesSabrina Mezzaqui presenta:
Autobiografia del rosso