A Palazzo dei Diamanti, una mostra ripercorre la parabola creativa di Antonioni accostando i suoi lavori a opere di grandi artisti, come De Chirico, Morandi, Rothko, Pollock, Burri e Vedova, e offrendo un inedito e suggestivo dialogo tra film e pittura, letteratura e fotografia.Ferrara celebra un cittadino illustre, Michelangelo Antonioni, in occasione del centenario della nascita, avvenuta il 29 settembre 1912. In realtà la mostra era previsto fosse inaugurata lo scorso anno, ma, in seguito al sisma, gli organizzatori preferirono destinare Palazzo dei Diamanti ad ospitare parte delle collezioni delle inagibili Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea. (leggi la recensione)
Definito da Martin Scorsese “uno dei più grandi artisti del XX secolo, un poeta del nostro mondo che cambia”, Antonioni ha formato il suo fine senso estetico proprio tra le “strade lunghe e larghe, di città di pianura, belle e quiete come inviti all’eleganza, agli ozii dissipati” – queste le sue parole – della città natale. Proprio a Ferrara è dedicata la prima delle nove sezioni di cui si compone la mostra: si ripercorrono gli anni della giovinezza, quelli della formazione sentimentale e culturale dell’artista, al fianco di personaggi del calibro di Giorgio Bassani e dell’italianista Lanfranco Caretti, visionando i tanti ricordi messi a disposizione dalle collezioni comunali. In Nebbie sono infatti esposti oggetti personali, libri, riviste, documenti insieme a cartoline e foto d’epoca che ci mostrano scorci di quella città che ritroviamo in film importanti della produzione di Antonioni quali Cronaca di un amore (1950), Il grido (1957) o Al di là delle nuvole (1995).
La sezione successiva è, quasi in contrasto, dedicata ai Deserti dove, tra le ampie distese di polvere e la luce accecante in cui tutto si annulla, sono ambientati Zabriskie Point (1970) e Professione: reporter (1975). Il curatore evoca le celebri pellicole disponendo nelle teche il ricco reportage fotografico dai set, gli appunti e le lettere a collaboratori ed amici quali Federico Fellini; lungo le pareti della sala, trovano spazio due strepitose tele di Jackson Pollock, Watery Paths (1947) e Mark Rothko, Senza titolo (1968). L’imponente smalto di Mario Schifano, Tutti morti (1970), cattura l’attenzione del pubblico che ritrova nei corpi fluttuanti in aria le suggestioni dell’esplosine finale di Zabriskie Point accompagnata dalla musica dei Pink Floyd.
Se le prime due sezioni della mostra, dedicate all’immaginario cui il maestro attinge durante tutto l’arco della sua carriera, fungono da introduzione, le restanti si susseguono raccontando, in sequenza cronologica, le tappe della vita del regista, restituendoci il ritratto di un raffinato intellettuale, di un visionario attento alla contemporaneità oltre che di un artista a tutto tondo. Come Thomas, il protagonista di Blow up (1966), anche Antonioni osserva, annota o fotografa tutto ciò che lo incuriosisce ed affascina, ingrandendo progressivamente l’inquadratura per svelarci cosa si celi in secondo piano, senza mai trascurare il valore estetico e formale complessivo di ogni singolo fotogramma. Questo approccio trova il suo apice nella settima sezione, interamente dedicata alla produzione pittorica, dove possiamo ammirare gli acquerelli della serie Le montagne incantate: diversi tra loro per formato, sono accomunati dall’ossessione di Antonioni dall’andare oltre l’apparenza. “Ce ne era una [montagna] che guardandola con la lente, mi dava sensazioni curiose. La materia veniva fuori in modo strano. […] Decisi di farla ingrandire. Il risultato fu singolare. Negli ingrandimenti fotografici (procedimento che ho utilizzato in Blow Up), cambiano certi effetti, certi rapporti. Persino i colori prendono una forma diversa”.
La quarta sezione, Scomparse, dedicata alla Trilogia della malattia dei sentimenti – L’avventura (1960), La notte (1961) e L’eclisse (1962) – è un tributo agli autori amati e collezionati da Antonioni tra cui Giorgio Morandi, col quale intrattiene anche un interessante rapporto epistolare. L’architettura di Piazza d’Italia con fontana (I piaceri del poeta) (fine anni ’50) di De Chirico trova corrispondenza nella composizione spaziale delle scenografie dei suoi film, mentre, ne La notte, tra le opere che adornano lo studio milanese dello scrittore Giovanni Pontano, interpretato da Marcello Mastroianni riconosciamo lavori di Campigli, Morandi e Sironi.
Parlando di arte e quindi di bellezza non possiamo esimerci dal segnalare che ampio spazio è dedicato alle dive, prima tra tutte Lucia Bosè cui il fotografo e regista francese Alain Fleischer, in occasione della mostra, ha dedicato una videoinstallazione. La rassegna dei personaggi maschili appare invece divisa di netto tra gli indolenti protagonisti delle prime pellicole di Antonioni, girate in Italia, e i più trasgressivi giovani protagonisti della swinging London o dell’America degli anni ’70.
L’allestimento è decisamente sobrio ed elegante, adeguandosi all’idea che il maestro ci ha sempre trasmesso della sua città natale, ma la vera chicca, per i fan di quello che probabilmente è il suo cult film, è l’installazione collocata nel giardino interno di Palazzo dei Diamanti, ispirata ad una delle più celebri scene di Blow Up: quella della partita di tennis tra mimi.
Silvana Costa
La mostra continua:
Palazzo dei Diamanti
corso Ercole I d’Este 21 – Ferrara
orario lunedì 14.00-19.00; martedì – domenica 10.00-19.00
la biglietteria chiude 30 minuti prima
www.palazzodiamanti.itLo sguardo di Michelangelo. Antonioni e le arti
fino a domenica 9 giugno
a cura di Dominique Païni
organizzata da Fondazione Ferrara Arte e Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara
in collaborazione con Fondazione Cineteca di BolognaCatalogo
Lo sguardo di Michelangelo. Antonioni e le arti
a cura di Dominique Païni
con testi tra gli altri di Dominique Païni, Alain Bergala, Carlo di Carlo, Bruno Racine
Fondazione Ferrara Arte Editore
272 pagine a colori
prezzo 48,00 Euro