Lotus Water Puppet

L’antica tradizione delle marionette sull’acqua rivive ad Hanoi in due teatri, situati intorno al lago Hoàn Kiếm, il Thang Long Water Puppet Theatre e il Lotus. Per turisti in cerca di emozioni.

La calma celestiale, il sorriso sempre a portata di labbra, la gentilezza squisita – in breve, quella pacifica filosofia di vita che gli occidentali attribuiscono tuttora all’Estremo Oriente. In realtà, la serenità buddhista e lo stoicismo del confucianesimo stanno agli orientali di oggigiorno come la mistica medievale cristiana sta agli occidentali secolarizzati e laici, filosoficamente illuminati dalla Rivoluzione francese. Ma il turista persevera nella vana speranza di cogliere l’attimo che fu. Se va a Roma pensa di immergersi nelle atmosfere de La dolce vita, immaginando che esista ancora una novella Anita Ekberg che fa il bagno nella Fontana di Trevi (la quale, se provasse ad avvicinarsi oggi al monumento nazionale, probabilmente finirebbe in galera). E se va in Vietnam, crede di rintracciare un esotismo di maniera nell’Old Quarter, tra venditori di paccottaglia made in fabbriche di periferia, e stranieri che si siedono a tavolini alti venti centimetri per cibarsi di pasti cucinati a due passi da un ratto morto e serviti ad altezza tubo di scappamento. Mentre i vietnamiti, se appena possono permetterselo, entrano in un bel ristorante e si fanno servire un piatto di spaghetti fumanti, cotti al dente.
Sulla scia dell’orientalismo di maniera, stucchevole quanto lo stereotipo “pizza, mandolino e mafia” per il nostro sud (o “bauscia, faso tuto mì” per il nostro nord), ecco che i vietnamiti sono tornati a proporre le marionette nell’acqua e, ad Hanoi, si può assistere a due spettacoli molto simili – al Thang Long Water Puppet Theatre e al Lotus.
Al di là del valore storico di mantenere viva una tradizione che nasce nell’XI° secolo (sebbene non ci sia parso di vedere alcun vietnamita tra gli spettatori della performance), quello che colpisce è la monotonia della proposta e la sua incapacità di dialogare con il presente.
Le scene che si susseguono sono sempre le stesse: intermezzi di vita rurale (la semina e la raccolta del riso o la pesca), alcune “danze” tradizionali (agite dal dragone, dall’unicorno e dalla fenice, oltre a quella delle fate), il prologo con la figura di Zio Teu (il giovane campagnolo che dialoga col pubblico e funge da narratore o, sciorinando battute, da stand-up comedian), e la leggenda del Sword Lake (una specie di mito arturiano nel quale l’eroe nazionale Le Loi, come Artù, vince l’insurrezione grazie a una spada – ricordate Excalibur? – che, infine, restituisce alla tartaruga d’oro, ossia la versione vietnamita della Dama del Lago). Così come le marionette intagliate (del peso di ben 15 chili e, quindi, non facilmente manovrabili dai marionettisti nascosti dietro al paravento e che le sostengono su canne di bambù) continuano a riproporre gli stessi personaggi che interagiscono nelle medesime situazioni.
Nei brevi intervalli, una voce off spiega in un inglese quasi inintelligibile cosa accadrà nella scena successiva, con un intento pedagogico-illustrativo abbastanza ridondante e noioso. Mentre, ad apertura di sipario e per sottolineare l’azione, cinque elementi eseguono musiche e canzoni dal vivo di un genere proprio della tradizione satirica, denominato Chèo. Tra i vari strumenti (che comprendono anche il tamburo e il flauto), si nota particolarmente il Đàn bầu, un monocorda che, come l’arpa, è insieme ammaliante e magico e che (anche grazie all’ottima strumentista) è forse l’unica, vera ragione per assistere alla performance.
Per il resto, la sensazione è quella di avere assistito a uno dei tanti, troppi spettacoli allestiti per i turisti in ogni parte del mondo. Non sono più solamente le navi da crociera a imbastire improponibili intrattenimenti. Dalle danze balinesi ai ritmi caraibici da resort cubano siamo perseguitati da questa smania di farci vedere tutto e in fretta – da questi tour mordi e fuggi, usa e getta, che ci confermino nelle nostre certezze, lasciandoci con le nostre illusioni.
Ma lo spettacolo, come forma narcotizzante, non ci interessa né in Occidente né in Oriente. Il teatro delle marionette, come qualsiasi altra forma teatrale, se non si apre alla contemporaneità, se non specchia e racconta l’universo di senso che dovrebbe rappresentare, permettendo a me pubblico di capire dove va il mondo, è solo una forma museale – da mettere in teca, come certe scarpette da ballo.

Simona M. Frigerio

Lo spettacolo è andato in scena:
Lotus Water Puppet Theatre
16 Le Thai To Street

Hanoi (Vietnam)
domenica 19 febbraio, ore 15.30
http://bongsenwaterpuppet.com

Lotus Water Puppet Show
durata 45 minuti circa