I Macchiaioli a Torino

Una mostra a Torino racconta la sperimentazione dei Macchiaioli alla ricerca di un linguaggio moderno – dalle premesse storico artistiche alla declinazione piemontese – attraverso opere iconiche dalla struggente bellezza.

Alla GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino sino al 24 marzo è possibile visitare la mostra I Macchiaioli. Arte italiana verso la modernità a cura di Cristina Acidini e Virginia Bertone. Avanzando lungo il percorso i visitatori seguono l’evoluzione di un movimento pittorico che intreccia la propria storia con la città sabauda e il territorio piemontese, dimostrando la sensibilità delle curatrici nel concepire un’esposizione contestualizzata geograficamente invece della solita rassegna impersonale.
Sin dagli anni Cinquanta del XIX secolo al Caffè Michelangiolo, in via Lanza a Firenze, si riuniscono artisti e intellettuali per discutere delle teorie di positivismo e realismo in arrivo dall’Europa. Dalla Francia in particolare. L’intento dei giovani pittori rivoluzionari è abbandonare gli struggimenti del romanticismo, le allegorie sottese dagli eventi storici e mitologici piuttosto che i formalismi accademici. Essi non rinnegano i canoni dell’arte classica e rinascimentale, solamente non li ritengono più espressione adeguata al clima di fermento in corso. Escono così dallo studio per osservare e immortalare il paesaggio e le persone intente nelle occupazioni quotidiane.
Nel 1855 Felice De Tivoli e Saverio Altamura, a Parigi per l’Esposizione Universale, hanno modo di ammirare i dipinti dei barbizonniers e, al loro ritorno, forniscono nuovi spunti di sperimentazione ai colleghi convenuti al Caffè Michelangiolo. Contemporaneamente gli studi di ottica del fisico Jules Jamin, pubblicati nel 1859 sulla Rivista di Firenze, inducono Telemaco Signorini, Cristiano Banti, Vincenzo Cabianca e Odoardo Borrani a cimentarsi nella pittura a macchia ovvero ad accostare tra loro tasselli diversamente colorati in base all’incidenza della luce che la mente dell’osservatore provvede poi a ricomporre in un unicum armonico.
Cristina Acidini e Virginia Bertone a introduzione della mostra pongono una sezione dedicata al contesto artistico in cui – e contro cui – nasce il movimento dei Macchiaioli. Per il visitatore, più di tante didascalie, per capire la forza del rinnovamento è sufficiente confrontare l’accademica rappresentazione della Cacciata del duca d’Atene da Firenze (1860) di Stefano Ussi, la grande tela insignita del primo premio all’Esposizione Nazionale di Firenze del 1861 e della medaglia d’oro all’Esposizione di Parigi del 1867, con Il ritrovamento del corpo di Lorenzino de’ Medici (1858) di Cristiano Banti, l’Autoritratto (1858) di Luigi Mussini con La cugina Argìa (1861 circa) di Giovanni Fattori. Sono tra l’altro gli anni delle battaglie risorgimentali, molti dei giovani pittori partono per il fronte e documentano, pennello alla mano, i soldati, le battaglie e La prima bandiera italiana portata a Firenze nel 1859 (di Francesco Saverio Altamura).
Nel maggio 1861 a Torino, la capitale del neonato Regno d’Italia, all’Accademia Albertina si apre l’annuale esposizione della Società Promotrice delle Belle Arti. In quell’occasione sono presentati Il quartiere degli israeliti a Venezia di Telemaco Signorini e Il mattino (Le monachine) di Vincenzo Cabianca: è la prima affermazione pubblica dei Macchiaioli e le opinioni raccolte spaziano dalla scarsa cura nella stesura pittorica al più vivo apprezzamento. Quelle creazioni sono ora di nuovo in mostra a Torino e il piccolo bozzetto di Signorini toglie letteralmente il fiato per la bellezza e la potenza evocativa. In quella stessa sala trovano posto anche alcune opere a carboncino – tecnica appresa a Ginevra e portata ad alti livelli di virtuosismo – di Antonio Fontanesi, in cui mette a frutto gli insegnamenti della scuola naturalista francese, cui è accostato – allora come oggi – Il mattino (1861). Fontanesi e i Macchiaioli si studiano con mutuo interesse e in breve tempo, come dimostra l’evoluzione dei dipinti esposti alla GAM, il pittore reggiano aderisce al linguaggio della macchia.
Fatta l’Italia i pittori cercano ispirazione nella quiete di luoghi come Castiglioncello, la campagna del Valdarno o di Piagentina, borgo sito alla periferia di Firenze. Agli inizi degli anni Settanta, a Rivara nel Canavese si riuniscono per sedute di pittura en plein air Vittorio Avondo, Ernesto Bertea, Ernesto Rayper, Alberto Issel, il portoghese Alfredo d’Andrade e lo spagnolo Serafίn Avendaño. La tela I pittori (1867 circa) di Rayper è una bella istantanea del clima di amicizia che regna in quel cenacolo di artisti indirizzati sulle orme della Scuola di Barbizon da Fontanesi. Sempre Rayper, annoverato tra i frequentatori del Caffè Michelangiolo, offre una superba lezione sulla macchia con In cerca di legna (o Raccoglitrici di lavanda) (1869 circa) e, in suo onore, dopo la prematura scomparsa, Signorini conferisce l’appellativo di “Scuola” all’esperienza di Rivara che rappresenta il contributo più valido offerto dal Piemonte all’arte moderna.
L’ultima sezione della mostra ben evidenzia come, pur nelle varianti proposte dai singoli esponenti, il movimento si sia sempre dimostrato coerente con i propri principi. In Verso un’arte nuova: i Macchiaioli e il “Gazzettino delle Arti del Disegno” sono infatti raccolte opere emblematiche dei Macchiaioli, esempi in grado di esplicare con immediatezza i concetti estetici del movimento dettagliatamente elencati nel Gazzettino. La rivista fondata nel 1867 da Diego Martelli – in quello stesso anno Fattori esegue al critico d’arte il ritratto a cavallo visibile in mostra – è finalizzata a favorire l’apertura dell’arte figurativa locale al dibattito in corso a livello europeo e loda i Macchiaioli per la costante ricerca di ispirazione nel mondo reale. Fontanesi per esempio con le sue lunghe pennellate, il virtuosismo prospettico e un dosaggio sapiente della luce racconta la bellezza degli scorci fiorentini e La sera. Veduta del ponte di Santa Trinità del ministero della Marina (Tramonto sull’Arno) (1867 circa) fa rivaleggiare l’allora capitale d’Italia con la Venezia di Canaletto. Cristiano Banti con In via per la chiesa (il ritorno dalla messa) (1865 circa) e Adriano Cencioni con Interno con figura (1868) e Le faccende di casa (1869) propongono spaccati di quotidianità, forse modesti, ma di forte impatto sull’osservatore per l’equilibrio della composizione, la stilizzazione della forma e il quasi totale annientamento del contesto per creare un’atmosfera straniante. Al contrario, Signorini con la Sala delle agitate al manicomio di Firenze (1865) indugia in un racconto ricco di dettagli.
La visita si chiude con l’imponente e austero Le macchiaiole (1866 circa) di Giovanni Fattori: un superbo episodio di vita contadina in perfetta armonia con una mostra che, sala dopo sala, espone autentici capolavori. Oltre ai già citati dipinti di Signorini e Fontanesi è possibile ammirare Bovi al carro e Buoi e bifolco in riva all’Arno (1867 circa) sempre di Fattori, Una veduta in Piagentina (1863) di Silvestro Lega, Scena medievale (1861) di Vincenzo Cabianca e l’abbagliante Pastura in montagna (1861) di Raffaello Sernesi. Il percorso conduce il pubblico attraverso una tappa importante dell’arte italiana e, al contempo, dimostra quanto straordinario possa essere osservare la quotidianità.

Silvana Costa

La mostra continua:
GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea

via Magenta, 31 – Torino
fino a domenica 24 marzo 2019
orari: martedì-domenica 10-18
lunedì chiuso
il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusura
www.gamtorino.it
 
I Macchiaioli
Arte italiana verso la modernità
a cura di Cristina Acidini, Virginia Bertone
coordinamento tecnico-scientifico Silvestra Bietoletti, Francesca Petrucci
una mostra Fondazione Torino Musei, GAM e 24 ORE Cultura
in collaborazione con Istituto Matteucci, Viareggio
progetto di allestimento Corrado Anselmi Architetto

Catalogo:
I Macchiaioli
Arte italiana verso la modernità
a cura di Cristina Acidini, Virginia Bertone
coordinamento tecnico-scientifico Silvestra Bietoletti, Francesca Petrucci
GAM – 24 Ore Cultura, 2018
28,5 x 28,5 cm, 184 pagine, 150 illustrazioni, cartonato
prezzo: 29,00 Euro