Una mostra racconta il percorso creativo di Andrea Mantegna posto in rapporto con la storia e l’arte dell’epoca. La rassegna di opere di periodo antico e tardo quattrocentesco è finalizzata a evocare il più importante capolavoro del pittore: la propria vita, intesa in termini professionali, culturali e sociali.
Torino dedica una mostra ad Andrea Mantegna a cura di Sandrina Bandera, Howard Burns e Vincenzo Farinella. Si tratta di un evento eccezionale per la portata dei prestiti giunti dalle più importanti istituzioni del mondo a descrivere l’opera di uno dei più celebri artisti del Quattrocento italiano. Sei sezioni, per un totale di 130 piccoli e grandi capolavori, seguono la carriera di Mantegna, dalla formazione a Padova al fianco di Francesco Squarcione ai fasti della corte gonzaghesca, uno dei più prestigiosi cenacoli rinascimentali europei.
L’artista nasce nel 1431 a Isola di Carturo, a pochi chilometri da Padova, località che nel 1963 in suo onore modifica il nome in Isola Mantegna. Ad appena 10 anni è a bottega da Squarcione dove si esercita nella rappresentazione prospettica e della figura umana, copiando le opere di artisti contemporanei e antichi oltre a confrontarsi direttamente con il maestro come raccontano le loro due versioni di San Bernardino da Siena (1452). Il santo, che ha predicato per alcuni anni a Padova, è anche il protagonista con Sant’Antonio di un affresco in cui presentano il monogramma di Cristo (1452). L’opera in origine riempie la lunetta sopra la porta centrale della Basilica di Sant’Antonio a Padova, una collocazione importante che da sola basta a definire il prestigio raggiunto in città da Mantegna poco più che ventenne.
Nella prima sezione della mostra si rincorrono numerosi oggetti d’arte volti a dare un’idea delle suggestioni cui Mantegna potrebbe essere esposto nella bottega di Squarcione e da cui trarrebbe ispirazione. Il condizionale è d’obbligo soprattutto in casi come quello della Battaglia dei dieci uomini nudi (1465 circa) di Antonio del Pollaiolo che, contrariamente a quanto raccontato dalle audioguide, è stampata quando Mantegna è già a Mantova. È possibile altresì ammirare il Martirio di San Sebastiano (1450/52 circa) di Donatello in bronzo, materiale per Mantegna estremamente stimolante al punto da riprodurlo in monocromi lungo tutto il corso della vita. Una ricerca espressiva cui si affianca quella dello sviluppo prospettico del corpo nello spazio, esemplificato in mostra dagli Studi per il compianto di Cristo (recto e verso, 1460/65 circa), poi culminato nel Cristo morto (1475/78) di Brera. Quest’ultimo capolavoro non è presente fisicamente ma compare nel filmato introduttivo proiettato nella Corte Medievale di Palazzo Madama. Il video-racconto della vita e della carriera di Mantegna è illustrato da riprese ad altissima definizione del dipinto suddetto, dei Trionfi di Cesare (1485/1505) e dei cicli di affreschi della Cappella Ovetari (1448/57) a Padova e della Camera degli Sposi (1465/74) a Mantova.
Da segnalare, sempre nella prima sezione dedicata al periodo della formazione e dell’affermazione professionale, Sant’Eufemia (1454) in cui l’artista riversa il frutto degli studi sulla classicità nei marmi policromi e nei festoni di frutti, mentre le iscrizioni testimoniano l’interesse per le epigrafi antiche di cui è collezionista. Catturano inoltre l’attenzione le variazioni sul tema della Madonna che presenta Gesù bambino sistemandolo in piedi su una balaustra – soluzione che media i modelli antichi e la prospettiva rinascimentale – realizzate, oltre che da Mantegna, da Donatello, da Jacopo Bellini e dal figlio Giovanni.
Con la seconda sezione inizia l’avventura mantovana di Andrea Mantegna. Nel 1459, l’anno prima di entrare ufficialmente a servizio del Marchese Ludovico III Gonzaga, l’artista è in città per il Concilio convocato da Papa Pio II. In tale occasione inizia il Ritratto del Cardinale Ludovico Trevisan (1459/60 circa) definito uno dei più bei ritratti dell’epoca: severo e imponente, ricorda i busti antichi anche per via di colori che, per quanto accesi, giocando tono su tono, conferiscono all’insieme un effetto monocromatico di chiaro-scuro scultoreo. Il busto, soggetto di ispirazione classica, trasmette un’idea di fermezza e saggezza tale da divenire una delle espressioni principali della corte gonzaghesca, sia in forma di dipinto sia in forma di scultura. In mostra è presente un’esaustiva selezione di statue copiate o ispirate da opere di epoca romana, eseguite da Pier Jacopo Alari Bonacolsi detto l’Antico e molto probabilmente commissionate dal Vescovo Ludovico Gonzaga, figlio di Ludovico III, gran collezionista d’arte. La riflessione dei curatori sui ritratti porta inoltre ad accostare a Mantegna dipinti di Antonello da Messina e Giovanni Bellini.
Tra i codici più preziosi della biblioteca gonzaghesca è annoverata una copia manoscritta e miniata (1480 circa) della Naturalis historia di Plinio il Vecchio: è un testo fondamentale per gli umanisti per l’ampia gamma di informazioni scientifiche e artistiche che contiene. Sono visibili in mostra alcuni fogli di quel volume, arricchiti da scene inserite in architetture all’antica, presentate con scorci prospettici tratti dai disegni del Mantegna. Anche se è stato dimostrato come tali decorazioni non siano opera dell’artista, è comunque lampante l’influenza del suo lavoro sui colleghi attivi a Mantova. Dalle descrizioni di Plinio Mantegna mutua informazioni per rappresentare i minerali sullo sfondo della Madonna delle cave (1490 circa), il dipinto eseguito durante il periodo trascorso a Roma per decorare la cappella di Papa Innocenzo VIII (1488/90) al Belvedere. Le cave, come denunciano gli sguardi preoccupati della Vergine e del Bambino sono un’allusione al sepolcro, ovvero al destino di Cristo.
Il quadro fa parte della sezione Trionfi insieme a stampe di scene mitologiche e sculture antiche: la severa Faustina maggiore (prima età antoniniana, 138/141 d.C. circa), pezzo di punta della collezione personale di Mantegna, e un Busto di Gaio Cesare (inizi del I sec. d.C.) entrato nelle raccolte di Lorenzo il Magnifico, identico al ritratto di Cesare nei Trionfi. Il ciclo di tele ricostruisce la processione d’onore dedicata a Cesare attingendo alle descrizioni degli storici, a iniziare da Flavio Biondo con De Roma triumphante (1459). Sebbene, come già accennato, i Tronfi di Cesare non siano esposti a Torino, ci sono tuttavia le copie in piccolo formato delle tele II e VIII commissionate da Rubens a inizio Seicento e poi ritoccate di sua mano.
Nella stessa sala è collocato il raffinatissimo Donna vestita all’antica e vecchio in panni orientali (Sibilla e profeta?) (1495 circa), un dipinto realizzato con tempera a colla e oro a ricreare l’effetto del bronzo dorato studiato sulle statue di Donatello prima e su quelle di epoca romana poi.
Un piccolo varco nell’allestimento conduce alla sezione Studiolo, a evocazione delle stanze private di Palazzo Ducale dove Isabella d’Este, giunta a Mantova nel 1490 quale sposa di Francesco II Gonzaga, ama ritirarsi per leggere, studiare e ammirare le sue collezioni d’arte classica e contemporanea ispirata all’antica. Accanto a volumi cinquecenteschi fanno bella mostra di sé camei – Andrea Mantegna è un esperto del genere e trae ispirazione dalle immagini mitologiche incise su questi oggetti per i medaglioni e i pennacchi che decorano il soffitto della Camera degli Sposi – e piccole sculture sia di età romana sia rinascimentali.
La sezione dedicata all’Architettura esplora tematiche estremamente eterogenee. Importanti sono sicuramente le tre tavole raffiguranti il Martirio di San Cristoforo, San Giacomo condotto al martirio e il Trasporto del corpo di San Cristoforo (1457/fine del XV secolo), copie degli affreschi della Cappella Ovetari a Padova che documentano nei dettagli, inclusi i colori, il ciclo in gran parte distrutto dai bombardamenti del 1944. L’architettura non è semplice sfondo ma bensì componente importante di queste tre scene così come di molti altri dipinti presenti in mostra. Mantegna si diletta con la disciplina non solo rappresentandola nelle opere ma anche disegnando dettagli d’arredo per gli spazi che affresca e progettando la propria residenza mantovana a pianta quadrata con corte centrale circolare. Cerchio e quadrato sono due forme alla base di tante costruzioni geometriche che, insieme alla matematica, regolano rigidamente i rapporti tra le parti di ogni corpo. Sono teorie che Andrea Mantegna condivide con Leon Battista Alberti, presente a Mantova prima per il Concilio e poi per l’edificazione di due chiese, San Sebastiano e Sant’Andrea, con cui si inaugura la trasformazione rinascimentale della città. Alberti, che di fatto è coprotagonista di questa sezione, è il primo intellettuale quattrocentesco a considerare le arti attività liberali e a definirne, ispirandosi all’antichità, regole e principi matematici e, quindi, universali. Nascono così i trattati De pictura, De statua e soprattutto De re ædificatoria fondato sul De architettura di Vitruvio.
Le sezioni conclusive tornano ad affrontare il tema della pittura, nello specifico di quella di genere sacro. L’occhio dell’osservatore corre veloce da un’opera all’altra, mai sazio della meravigliosa rassegna offertagli. Sono tele sovente di dimensioni contenute che fanno ipotizzare siano commissionate all’artista per devozione privata o quali doni prestigiosi. È esposta la Madonna dei cherubini (1485 circa), inizialmente attribuita al Bellini per la ricchezza del colore, salvo poi identificare nei dentini degli angeli che cantano a pieni polmoni un motivo ricorrente in Mantegna. Ricorre anche il tema del Bambino derivato da modello classico – forse Apollo – ritratto in piedi nella Sacra Famiglia con San Giovannino (1500 circa), con la Vergine collocata in un angolo a cucire umilmente, così come nella Madonna con il Bambino, San Giovannino e Santi (1485 circa) disposti a emiciclo.
Risulta spettacolare, non solamente per le dimensioni, la cosiddetta Pala Trivulzio (1497), un’opera destinata alla Chiesa Santa Maria in Organo di Verona dalla lunga gestazione a causa dei tanti lavori commissionati a Mantegna in quel periodo. Nella stessa sala è collocato Ecce Homo (1500/02 circa): il Redentore è ritratto a mezza figura come il Cristo (1493) postogli a fianco; sul corpo reca i segni della tortura eppure la nobiltà trascendente del volto sofferente sovrasta la deformità grottesca dei due accusatori alle sue spalle.
Alla morte di Mantegna restano attivi sul territorio artisti formatisi alla sua bottega e i curatori vogliono offrire al pubblico, in coda all’esposizione, un saggio delle loro doti mostrando la sinopia di un affresco del Correggio, originariamente destinato al portico di Sant’Andrea: il soggetto è il Seppellimento di Cristo (1509/10), un chiaro omaggio al Cristo morto. Propongono quindi di confrontare Ercole soffoca Anteo (1510), un soggetto di invenzione mantegnesca, con la versione rielaborata da Raffaello e tramandataci da Marcantonio Raimondi (1517/18 circa). Rembrandt invece nella Madonna con il Bambino, il gatto e il serpente (1654) cita esplicitamente la Madonna dell’umiltà (1490 circa) trasformandola in una scena dal toccante sapore intimistico.
Termina così una spettacolare sequenza di opere che, anche solamente per la loro bellezza, giustificano ampiamente una visita alla mostra dedicata ad Andrea Mantegna. I curatori, sala dopo sala, non smettono tuttavia di ricordare come Mantegna prima che artista sia un uomo colto e curioso, uno studioso di un’antichità che sa reinventare con originalità, un umanista capace di porsi in dialogo con gli autori coevi per trarre ispirazioni per le sue tele. Intelligenza, predisposizione artistica e indubbie capacità di promozione professionale lo vedono imporsi sin dall’adolescenza, conquistare i committenti più prestigiosi e fare della propria vita uno dei suoi capolavori più riusciti.
Silvana Costa
La mostra continua:
Palazzo Madama
Corte Medievale e Piano Nobile
piazza Castello – Torino
fino a lunedì 20 luglio 2020
orari: lunedì, mercoledì, venerdì e domenica 10-18
giovedì e sabato 10-21
chiuso martedì
la biglietteria chiude un’ora e mezza prima
www.palazzomadamatorino.itAndrea Mantegna
Rivivere l’antico, costruire il moderno
a cura di Sandrina Bandera, Howard Burns
con Vincenzo Farinella come consultant curator
una mostra Fondazione Torino Musei – Palazzo Madama, Intesa Sanpaolo, Civita Mostre e Musei
progetto d’allestimento Loredana Iacopino Architettura
progetto multimediale Unità C1 con audio Punto RecCatalogo:
Andrea Mantegna
Rivivere l’antico, costruire il moderno
a cura di Sandrina Bandera, Howard Burns, Vincenzo Farinella
Marsilio, 2019
320 pagine, 215 illustrazioni a colori, brossura con alette
prezzo: 44,00 Euro
www.marsilioeditori.it