Forse MDLSX non è rivoluzionario o scioccante. Forse la nudità totale, nel contesto teatrale, è diventata una prassi, a cui ci siamo abituati. Forse il tema della diversità sessuale, la rivendicazione di una fluidità che superi le distinzioni, l’accettazione dell’universo LGBT sono concetti sempre più assimilati nella cultura occidentale (quest’ultimo punto emerge anche al termine dello spettacolo, durante l’incontro/dibattito con la Compagnia in uno spazio del Centro Dialma Ruggiero di La Spezia).
MDLSX è, comunque, un’esplosiva, magnetica, indecifrabile performance dall’estetica fluorescente come un club berlinese. Un lavoro denso, tentacolare, sfuggente, colonizzato dalla presenza punk e suggestiva della sua unica interprete, Silvia Calderoni dei Motus. Una potenza anatomica e astratta, quella dell’attrice romagnola, sprigionata dai capelli ossigenati, l’energia prepotente e una traiettoria fuori dal gesto utile, economico, casalingo. Le sue mani, ogni suo muscolo compiono disegni – quando industriali e artificiali, quando naturali e oceanici – di una vitalità imperiosa, che a volte cede il passo al racconto, come in una rivelazione notturna, insieme bugiarda e sincera – come quando mentiamo a noi stessi prima che agli altri. La biografia e l’autobiografia, infatti, si fondono e confondono continuamente, a partire dalle prime immagini proiettate sullo schermo, dove una Calderoni bambina (immagini reali, filmate dai suoi genitori) canta al Karaoke; per poi continuare con l’alternanza di tanti altri video di famiglia, dove l’attrice compare adolescente, poi adulta – protagonista di una playlist del passato, di momenti opposti, complementari, che non tornano, ma compongono l’insieme; ciò che siamo e non siamo, ciò che eravamo, che potremmo essere, o ci siamo rifiutati di accettare.
“Siamo fatti di molte parti, molte metà”, sussurra l’attrice, impossessandosi dello spazio per divorarlo – quando frontale, quando laterale, quando di spalle – per mettere in moto realmente, sul suo mixer di scena, i brani che scattano, implacabili. Una cascata di cult adrenalinici o romantici, dagli Smiths agli Smashing Pumpkins, reduci di un dj set allarmante e dolce che si ripete ogni volta, su palchi italiani o esteri, o nella vita di Silvia Calderoni, che è davvero e anche un’ottima dj.
Risucchiata da una piccola telecamera dove via via si specchia, il suo volto è rivelato al pubblico come dentro una sfera, in uno sdoppiamento e in uno sfalsamento che destabilizza; mentre il nostro occhio corre dal palco al suo viso, ravvicinato sullo schermo, e al suo sguardo limpido.
L’uso della tecnologia è pienamente giustificato, cosciente e amalgamato in uno spettacolo dove i generi si riconcorrono diventando una carne sola. Verbalità e narrazione convivono con movimenti scenici di danza contemporanea, con parrucche e abiti che servono per giochi acrobatici, con parole strappate al microfono. Parole tratte dal romanzo Middlesex (di Jeffrey Eugenides), da opere di Pier Paolo Pasolini, da testi filosofici. La drammaturgia, precisa e imprecisa, mescola continuamente realtà e finzione, confonde, poi si ricondensa, toglie ogni dubbio. Straordinariamente, però, la storia privata di Silvia Calderoni e quella del romanzo, talvolta, si sovrappongono e si ricongiungono nella sua magrezza estremizzata, la sua androginia irreale.
Ma lungi dal voler insegnare, denunciare, scagliarsi contro qualcosa o qualcuno, quest’opera, a parte attrarre come una calamita, sembra voler infondere forza alle minoranze, di qualsiasi natura esse siano, a chiunque si senta compresso da una diversità che non comprende, a chiunque cerchi parole per spiegare “la felicità che accompagna il disastro.”
Tessa Granato
Lo spettacolo è andato in scena
nell’ambito della Stagione di Fuori Luogo:
Centro Dialma Ruggiero
via Monteverdi, 117 – La Spezia
martedì 28 febbraio, ore 21.15
https://progettofuoriluogo.wordpress.com/Motus presenta:
MDLSX
regia Enrico Casagrande, Daniela Nicolò
con Silvia Calderoni
drammaturgia Silvia Calderoni e Daniela Nicolò