Penultimo appuntamento allo SPAM! di Porcari, con il Minimacbeth, firmato da Dario Marconcini e Giovanna Daddi.
Neri presagi. E se è vero che il teatro è uno specchio puntato verso i nostri cuori, c’è ben poco da star sereni
Perché Minimacbeth lo conosciamo tutti, chi più chi meno.
Riscrittura del Macbeth shakespeariano a opera di Andrea Taddei, Minimacbeth è un fratello acido e scarnificato, che parla per trivialità e non lesina i sentimenti reali.
Siamo ancora qui, al centro SPAM!, a Porcari. La rassegna, Last but not Least, volge ormai agli ultimi rintocchi, insieme all’anno. Questo è il penultimo.
Ridotto in lunghezza e spazio, il testo non considera che lui, non considera che lei: Macbeth e Lady, alias Dario Marconcini e Giovanna Daddi. Attorno al loro tavolo si concentra l’intera struttura drammaturgica, in un “interno di famiglia con delitti“, per citare gli attori, in cui il pubblico è due volte calato nel ruolo, prima come spettatore, poi come voyeur, trovando così ridotta la lontananza dagli sposi: l’ambientazione è difatti estremamente claustrofobica, con gli spalti posizionati tutti attorno alla mensa di sangue.
Forte di un linguaggio rude e carnale, la riscrittura toglie ai personaggi la patina barocca, li trascina altrove, in una realtà che pur non essendo ancora la nostra, neppure è più la loro. Fulcro dell’opera è il dialogo della coppia omicida, i cui interpreti non più giovani accendono scie di asprezza, perdita, decadenza. Consumando sul tavolo una tragedia ridotta, Macbeth e signora riassumono gli eventi evocandoli, mobilitando oggetti, interloquendo con lo spazio vuoto. Da prenderli per pazzi, insomma. Ma forse non lo sono?
Shakespeariano rimane il disincarnato dell’ambientazione, nella quale note barocche di oboe trascinano per mano da un’isola di luce all’altra. Candele, candele e candele. Maschere per i volti che ci atterriscono – quelli delle streghe, quello di Banquo – e un esercito di figurini modellati per l’avanzata di Macduff e Malcolm (questa, una delle arti praticate dalla Daddi).
Manca in questa recitazione l’accento sospeso cui ci hanno abituati i teatri. Non vi sono pause, né contemplazioni attonite. I corpi agiscono spediti e la voce parla senza vergogna. Molto più accentuata, Lady Macbeth è una figura aspra, seducente e dispotica, dalla resa sessualità e dal vivo disprezzo. Belli anche i suoi cambi di ruolo, prima nei panni della strega vaticinante, poi in quelli di Morte, che schiera l’esercito inglese come sul tavolo strategico dei governanti.
Un’idea affranta è motrice di tutto questo: quella di un’attualità che non lascia sperare, di un “Medioevo senza tempo“, scrivono gli interpreti, “dove i nuovi valori sono ormai solo la rapacità e il possesso“.
In un audace, grottesco ritratto di quella che si può definire la nostra realtà – e da qui si capisce la non casualità del modernizzamento testuale – il duo prende le vesti del giullare tragico, del povero commediante che si pavoneggia e si dimena di cui ci parla lo stesso Macbeth, quel Macbeth che sceglie di troncare in due parti il noto monologo, di dispensarne la fine a inizio opera. Mentre la battuta conclusiva sigilla quella continuità tra loro e noi. Rimane il tiranno che si allontana, scortato dalla nera signora; rimane un tavolo ingombro di oggetti, oggetti che sono poi la storia di due attori che hanno percorso molte strade e che hanno voluto immortalarle in gesti, atti, cose e parole. Rimane quello che alcuni ammiratori chiamano il testamento artistico di Daddi-Marconcini. Testamento, o meglio, memoria, se consideriamo che la genesi stessa di Minimacbeth è connessa a un ricordo di gioventù, un’opera interpretata a Pontedera, un Taddei ancora giovane che vede e che anni dopo ripropone la tematica, ancora a loro due.
Non rimane che il tempo, che “striscia fino all’ultima sillaba degli anni divenuti soltanto ricordo; e tutti i nostri ieri non hanno fatto altro che illuminare a dei pazzi la via” (Creeps in this petty pace from day to day/ To the last syllable of recorded time,/ And all our yesterdays have lighted fools/ The way to dusty death. Macbeth, scena V). Ed eccoli qua, i pazzi.
I pazzi che si alzano per ballare sulle note dei Deep Beat.
Sharon Tofanelli
Lo spettacolo è andato in scena:
Centro SPAM!
via Don Minzoni, 34 – Porcari (LU)
mercoledì 28 dicembre, ore 20.45
www.spamweb.itMinimacbeth
di Andrea Taddei
regia Dario Marconcini
con Dario Marconcini e Giovanna Daddi