Allo Scompiglio di Vorno va in scena L’ambigu – per la regia di Olivier Boréel e l’interpretazione mattatoriale di Benjamin Tudoux. Nella Tenuta, anche le installazioni di Teresa Margolles e di Cecilia Bertoni e Claire Guerrier.
Recarsi alla Tenuta dello Scompiglio è evento foriero di incontri con artisti provenienti da tutto il mondo. E anche questa volta, in attesa dello spettacolo, si sono potute visitare due mostre decisamente interessanti sul tema della differenza di genere.
Teresa Margolles, nata a Culiacán, nello Stato di Sinaloa (Messico) denuncia, attraverso le sue foto e le voci di vittime e testimoni la violenza che, nel suo Paese d’origine, hanno colpito tragicamente due transessuali assassinate a un anno di distanza una dall’altra (nel 2015 e nel 2016). Le voci, attraverso piccoli altoparlanti, raccontano di vite trascorse ai margini della società, passati di tossicodipendenza e prostituzione, ma anche lavori saltuari, viaggi, incontri. E soprattutto, la mancata protezione da parte delle forze dell’ordine che, al contrario, infieriscono, secondo le testimonianze, derubando sistematicamente le vittime. Racconti di vite ai margini, quelle spesso condannate sui muri elettorali – che tanto rendono in termini di voti – vessate da comportamenti repressivi contro le differenze di genere, che innescano e generalizzano comportamenti violenti anche nella popolazione comune e che, in questi due casi, hanno portato all’omicidio.
Al centro dei corridoi che raccontano l’esistenza di La Gata e Karla, una lunga tela, impregnata del sangue di dieci donne boliviane assassinate, e consegnata a un gruppo di sette artigiane – appartenenti all’etnia Aymara – mostra, tra le macchie di sangue, i ricami propri del folklore boliviano, che rendono ancora più stridente il contrasto tra l’odore ancora percepibile del sangue e la luminosità delle perline colorate – che tentano di addolcirne la nota amara, suggerendo forse la possibilità di un’esistenza diversa per le donne boliviane, spesso sottoposte a soprusi. Una richiesta forte di giustizia che accomuna situazioni differenti ma che denunciano, entrambe, la violenza del potere e del maschilismo imperante.
In Camera #4 – Il Naufragio, installazione di Cecilia Bertoni e Claire Guerrier con Carl G. Beukman, si denunciano le convenzioni che inducono condizionamenti vissuti come normalità. Sin dalla nascita la sessualità è un’imposizione: nel vestire, nei giochi e, per il periodo preso in esame dagli album fotografici, nelle scuole. L’impossibilità di essere realmente se stessi va di pari passo con l’imposizione, la costrizione, l’essere inglobati in meccanismi che assegnano ruoli precisi, sin dalla nascita. In questo contesto, il cambiamento di genere assume spesso un carattere patologico – pur non potendo generalizzare, a tutto il mondo, questo concetto (vedasi l’esempio della cultura thailandese, nella quale la transessualità è accettata socialmente, mentre si rifiuta in toto l’omosessualità). E infine, va notato che anche il doversi muovere all’interno dell’installazione, camminando sulla sabbia, accentua il carattere di instabilità e di incertezza che vive il visitatore – e che si riflette nelle sensazioni di chi fa queste scelte.
Dopo la visita alle installazioni, La tenuta dello Scompiglio ha presentato una performance su testi di Topor, L’ambigu, ben recitata ma appesantita da un’eccessiva verbosità. E che, nonostante le puntuali e precise didascalie, risulta di non facile comprensione per coloro che, purtroppo, non conoscono il francese. Il lungo monologo narra della riscoperta di una femminilità vissuta in modo tragicomico, un dualismo uomo/donna che raggruppa in un solo corpo desideri e gelosie attribuibili a entrambi i sessi. Un racconto surrealista che interviene anche nei confronti del pubblico interrogandolo, cercando di scavare nelle loro menti le risposte a dubbi comuni.
Un Don Giovanni, geloso della propria immagine femminile, che vive le sue esperienze e amori nonostante la riluttanza della parte maschile ad accettarli. Un dualismo schizofrenico ove la rivelazione non appaga, ma anzi esacerba i conflitti sino alle estreme conseguenze. Una montagna di stracci è luogo, di volta in volta, della sofferenza, dell’abbandono, dell’amore ma forse anche dell’insieme di esperienze vissute che, nel momento tragico del rifiuto del tradimento della parte femminile, è distrutta e dispersa – quasi a cancellare un passato comune che si tenta di sradicare.
La nascita, curiosamente preparata dall’attore tutto fare con un frullino sbattiuovo, conclude lo spettacolo nella sua drammatica e/involuzione dal maschile al femminile e poi, nuovamente, al maschile.
Luciano Uggè
Lo spettacolo è andato in scena:
Tenuta dello Scompiglio
via di Vorno, 67/b – Vorno (LU)
domenica 9 aprile, ore 19.30
www.delloscompiglio.org
L’ambigu
performance di Cie Nom d’Un Bouc!
testi Roland Topor
progetto Benjamin Tudoux
interprete Benjamin Tudoux
regia Olivier Boréel
assistente alla regia Jean-Pierre Morice
luci Natalie Gallard
sovratitoli Simon Astier
direttrice di produzione Elodie Biardeau
traduzione sovratitoli Maria Ilaria Panuccio
progetto vincitore del Bando Assemblaggi Provvisori
Le esposizioni continuano:
Cecilia Bertoni e Claire Guerrier con Carl G. Beukman presentano:
Camera #4 – Il Naufragio
allestimento e tecnica Paolo Morelli e Cipriano Menchini
con Alice Mollica, Daniele Ghilardi e Alfredo Dell’Immagine
Teresa Margolles presenta:
Sobre la sangre
a cura di Francesca Guerisoli e Angel Moya Garcia
fino a domenica 25 giugno