Torino celebra Primo Levi, uno dei suoi autori di maggiore successo, dedicandogli una mostra che ne approfondisca le mille sfaccettature della sua fervida mente.
A Torino, nel 1959 l’Associazione ex deportati organizza una mostra sui campi di concentramento nazisti affinché non ci si dimentichi delle violenze del recente passato. Tra i visitatori c’è anche una bambina, figlia di fascisti, che, turbata, scrive a La Stampa, il quotidiano cittadino, chiedendo se quanto esposto sia tutto vero o se si tratti, come insinua la sua amica, di immagini costruite ad arte. La bambina aggiunge pure che, forse, sarebbe stato il caso di dedicare alla memoria di cotali fatti uno spazio ben più ampio di Palazzo Carignano: «se quelle foto fossero proprio vere mi pare che avrebbero potuto ingrandirle e farne una mostra a Palazzo Madama». Se Primo Levi si fece carico di rivelarle che cotanta crudeltà perpetrata dagli uomini sui loro simili è purtroppo vera, il Centro Internazionale di Studi Primo Levi, a distanza di cinquantacinque anni, sembra aver fatto tesoro di quelle critiche, scegliendo il maestoso edifico al centro di piazza Castello per allestirvi I mondi di Primo Levi. Una strenua chiarezza. Quella proposta al pubblico, sino al primo fine settimana di aprile, non è propriamente una mostra sull’esperienza nel lager di Auschiwitz – come sembra lasciar presagire il vagone merci di inizio secolo parcheggiato in piazza Castello – quanto un intenso ritratto a tutto tondo di Primo Levi.
Probabilmente molti di noi ai tempi della scuola hanno scoperto e amato le toccanti pagine di Se questo è un uomo (1947) in cui Primo Levi racconta la drammatica esperienza vissuta in prima persona nel campo di concentramento o La tregua (1963) in cui rivive il drammatico viaggio di ritorno verso casa, attraverso mezza Europa. Tuttavia, la mostra, con una strenua chiarezza, va oltre quello che ormai è divenuto un ritratto stereotipato di Levi, mostrando i mille interessi di una delle menti più fertili e raffinate del XX secolo. Le diverse sezioni che compongono il percorso di visita si premurano di approfondire le cento sfaccettature della sua creatività e i mille interessi coltivati nel corso della vita. Il centauro, figura con cui Primo Levi ama immedesimarsi, è una perfetta allegoria dello scrittore: come lo straordinario animale mitologico, mezzo uomo e mezzo cavallo, egli si sente diviso a metà tra l’attività di autore e quella di chimico, tra le memorie del passato e la curiosità per le scoperte scientifiche e le evoluzioni tecnologiche. Dopo la guerra, alla luce della tiepida accoglienza riservata inizialmente a Se questo è un uomo, Levi cerca impiego come chimico, relegando l’attività letteraria al tempo libero.
L’esposizione si apre con la storia di un atomo di carbonio a ricordare la formazione scientifica di Primo Levi e la sua grande abilità divulgativa: le delicate illustrazioni di Yosuke Taki accompagnano alcuni brani estratti dall’ultimo capitolo di Il sistema periodico (1975). Il volume, tradotto in oltre venti lingue, nel 2006 si è aggiudicato dalla prestigiosa Royal Institution di Londra il titolo di più bel libro di scienza mai scritto, primeggiando sui tomi di autori quali Darwin, Sachs o Lorenz. Taki ritrae l’atomo di carbonio con sembianze antropomorfe, vestendolo con la divisa a strisce dei campi di concentramento, incatenato per milioni di anni a tre atomi di ossigeno a formare una roccia calcarea: «per lui il tempo non esiste, o esiste solo sotto forma di pigre variazioni di temperatura, giornaliere e stagionali». Questa delicata allusione al lento trascorrere del tempo durante la prigionia fa da introduzione all’ampia sezione dedicata alle vicende occorse a Primo Levi durante la Seconda guerra mondiale, dalla resistenza sui monti della Val d’Aosta all’arresto, dalla detenzione nel Campo di transito di Fossoli in attesa di essere imbarcato sul primo treno diretto ad Auschwitz, il 22 febbraio – dei suoi 650 compagni di viaggio, tornarono solamente in 24 – alla prigionia. Una selezione di materiali d’archivio, tra cui anche alcuni video, ci ricordano quanto Primo Levi si sia spreso per ricordare l’orrore vissuto, premurandosi di dialogare soprattutto con le generazioni più giovani affinché facciano tesoro degli errori del passato per costruire un futuro migliore. Egli non esita tuttavia ad ammonire quanti, nel pieno fervore delle proteste operaie a cavallo degli anni Sessanta e Settanta, paragonano l’esperienza della fabbrica a quella dei lager, sottolineando come la monotonia delle attività alla catena di montaggio, seppur alienante, non sia minimamente paragonabile al progetto di annientamento di milioni di esseri umani.
Fabio Levi e Peppino Ortoleva, i curatori della mostra, con la cura meticolosa degli uomini di scienze e con la leggerezza degli artisti, portano in luce tanti elementi della personalità di Primo Levi, molti dei quali spesso ignorati dal grande pubblico. Un pannello cerca di esplicare le svariate componenti di un linguaggio complesso, in cui convivono latinismi, linguaggi settoriali, riferimenti letterari, accostamenti inattesi per descrivere la vasta gamma delle sensazioni e delle concatenazioni mentali umane. Quasi con tono dissacrante, poco oltre si celebra il gran successo dei libri di fantascienza pubblicati per Einaudi, a partire dal 1966, con lo pseudonimo di Damiano Malabaila. Foto d’epoca ricordano A Man Saved by His Skills, la celeberrima intervista rilasciata a Philip Roth e pubblicata sulla New York Times Book Review il 12 ottobre I986 mentre, alcune sezioni dopo, una caricatura dei tempi del liceo ci ricorda di quando Primo Levi è redattore di D’Azzeglio sotto spirito, il giornale della scuola frequentata sino a quando le leggi razziali, nel 1937, bandirono tutti gli studenti ebrei dalle scuole pubbliche. Mai stanco di cimentarsi con nuove esperienze, Levi, ormai ultrasessantenne, si dedica alle elaborazioni grafiche col computer, creando disegni come quelli del gufo utilizzato per la copertina di L’altrui mestiere pubblicato nel 1985 da Einaudi nella collana Gli struzzi. Poiché egli stesso ama ricordare che «spesso si trova a pensare più con le mani che con il cervello», i curatori hanno dedicato anche una sezione alla serie di animali cui Levi dà vita con il fil di ferro, tra cui una buffa istrice spettinata ed una leggiadra farfalla che ci accompagna verso l’uscita.
Dalla collaborazione tra Lodovico Belgioioso – anche l’architetto è reduce dai campi di concentramento per il suo contributo alla resistenza – e Primo Levi nasce il progetto del Memoriale Italiano che occupa il primo piano del Blocco 21 ad Auschwitz. L’installazione, commissionata negli anni Settanta da ANED – Associazione Nazionale ex Deportati – agli architetti milanesi BBPR è concepita come un percorso multimediale attraverso una spirale decorata con le pitture di Pupino Samonà che avvolge il visitatore in un racconto reso ancor più emozionante dagli effetti studiati dal regista Nelo Risi e dalle note di Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz composta da Luigi Nono per l’occasione. In mostra è presente I tempi della memoria, un toccante video dedicato alla percezione della Shoah nella cultura italiana del dopoguerra in cui è ricordato il testo scritto da Primo Levi per il Memoriale. Per una non dichiarata ragione, la cui presenza del Memoriale oggi, improvvisamente, sembra divenuta estremamente scomoda (in merito, leggi l’intervista all’architetto Gregorio Carboni Maestri): le porte di accesso al Memoriale sono sprangate da anni, si parla di un suo possibile smantellamento e il governo, pur ritenendolo un bene degno di tutela, non sembra riuscire a formulare interventi efficaci.
È complicato descrivere le mille sensazioni che si provano durante la visita a questa mostra, il nostro cuore oscilla dall’orrore del lager alla dolcezza delle creazioni artistiche, dalla nostalgia alla speranza che le parole di personaggi di questo calibro riescono a infonderci. Non è una mera mostra didattica ma un percorso ricco di spunti di approfondimento, alla scoperta di una personalità del secolo appena concluso troppo spesso liquidata con la semplice etichetta di romanziere. Tuttavia, a quanti finita la visita non dovessero correre verso nuovi appuntamenti, suggeriamo di accomodarsi sulle poltrone e dedicarsi alla lettura. La rassegna dei libri pubblicati da Primo Levi e offerti in consultazione ai visitatori nello scenografico cortile medievale di Palazzo Madama – trasformato da Cristina di Francia nel XVII secolo in un’imponente salone voltato – ci ricorda un altro importante appuntamento. Quest’anno, a New York, sarà presentata al pubblico l’edizione completa in inglese dei testi di Primo Levi: lo scrittore torinese è il primo autore italiano contemporaneo a ottenere tale riconoscimento internazionale.
Silvana Costa
La mostra continua:
Palazzo Madama – Corte Medievale
piazza Castello – Torino
fino a lunedì 6 aprile 2015
orari martedì-sabato 10.00 -18.00 domenica 10.00 -19.00.
chiuso il lunedì
www.palazzomadamatorino.it
I mondi di Primo Levi
Una strenua chiarezza
a cura di Fabio Levi, Peppino Ortoleva
progetto allestimento Gianfranco Cavaglià, Anna Rita Bertorello
ricerca e coordinamento Roberta Mori
progetto grafico e realizzazione video Ars Media
realizzazione artistica della sezione Carbonio Yosuke Taki
ricerche iconografiche e materiali video Cristina Zuccaro
promossa dal Centro Internazionale di Studi Primo Levi
www.primolevi.it